Storia di un bonsai, di Angelo Mazzeo (Capponi)

Storia di un bonsai, di Angelo Mazzeo (Capponi)

L’autore, casertano di origini, bolognese di adozione, esordisce nella scrittura con questo romanzo breve, autobiografico, dal sottotitolo emblematico, Se lo pensi lo puoi fare e da un incipit ancora più esauriente: “Figlio di un operaio metalmeccanico e di una casalinga, nato in un paesino di novanta anime in provincia di Caserta, in piena terra di Gomorra. La vita mi avrebbe stritolato, non possedevo terra da zappare, non avevo il fisico per poter fare il camorrista. Non mi restava altra strada che quella di studiare”.

Senza nulla togliere alla giovinezza, che anzi visse pienamente negli amori, nelle amicizie, nei primi lavori, aveva sempre avuto ben chiari, davanti a sè, i propri obiettivi: dal guadagnarsi il Moncler o il primo concerto dei Pink Floyd, a conquistarsi il primo lavoro. Il racconto di come vinse il concorso che per lui segnava non solo un impiego, “ma una nuova vita, emancipazione personale, professionale e culturale“, possibilità di approdare ad altre città, girare l’Italia, l’Europa, il mondo, è esilarante ma anche commovente. Soprattutto formativo. Non avrebbe dovuto solo superare una prova di matematica, per la quale “bastava” studiare; avrebbe dovuto superare una prova fisica: essere alto almeno 1,60. E lui era 1,59. Si diede talmente da fare che raggiunse quel centimetro in più che gli valse la vittoria nel concorso. Poi Bologna, finalmente, dove avrebbe coronato il suo sogno di laurearsi in giurisprudenza. 

Mazzeo scrive per raccontare. Di sé ma per gli altri. Per quanti vengono dalla sua terra o da contesti come il suo che potrebbero far pensare che non vi siano altre prospettive che la violenza o la rinuncia. Per chi non ha dalla natura delle risorse vincenti in sé per sé. Per chi pensa di non poter aspirare al massimo.

Ogni pagina contiene una sua piccola conquista, diventata un insegnamento che desidera condividere.

Perdonare, emozionarsi senza vergogna, sorridere dei propri difetti e accettare quelli degli altri, saper stare da solo, saper esserci quando qualcuno ha bisogno.

Dopo il capitolo sulla propria infanzia e quello sulla conversione, seguono altre tappe fondamentali: i valori della vita, la Cultura ed il Bene che si fa (con la maiuscola). Entrambi percepiti come conquiste e come doni da offrire: “più hai cultura e più fai cose, più migliori come persona. Più migliori, più alzi l’asticella dei tuoi standard. Più migliori, più opportunità personali, professionali, sociali ti crei e più la tua vita è qualitativamente migliore. Un circuito vizioso che si autoalimenta: più sai, più sei, più migliori. Più migliori, più sai, più sei”. E ancora: “Se si studia, se si vale, se si merita, se si è liberi, se si è onesti, si farà la propria strada. Si sarà protagonisti della propria vita. E non spettatori di quella degli altri“.

Altrettanto appassionata, sincera e toccante è l’apologia di Bologna, un capitolo che celebra questa città in tutte le sue bellezze, dalle più famose alle più semplici; modello di riferimento sociale, economico, politico e culturale, è locomotiva d’Italia per il più alto numero di D.O.P. e I.G.P. d’Europa (insieme all’Emilia-Romagna), per l’welfare, le prerogative culturali, l’associazionismo, l’impegno civile e tanto tanto altro ancora.

E la coerenza di cui si è rivestito l’ha applicata anche in quell’ambito, approdando all’Associazione Avvocato di Strada Onlus, nato alla fine del 2000 proprio a Bologna (e poi diffusosi in altre città) dalla volontà di garantire un supporto giuridico qualificato a quei tanti cittadini oggettivati privati dei loro diritti fondamentali.

Un capitolo raccoglie in un caso giudiziario da lui personalmente seguito, quello della bancarotta Parmalat, tutti i valori che ha menzionato nei capitoli precedenti. E ne costituisce una concretizzazione, una prova della potenza del male così come fino a quel momento aveva elencato i poteri del bene. Il male perpetrato da uno o pochi, con superficiale egoismo, si è riversato a valanga su centinaia di persone e su una città intera, che, dopo quel crack finanziario “è come se avesse perso peso specifico, peso politico. Come se avesse perso quella fierezza, quell’orgoglio, quel sapore di grandeur da Gran Ducato che l’ha sempre contraddistinta”.

Il tono narrativo è quello di un racconto scritto di getto, con il fervore di un entusiasmo che non lo ha mai abbandonato da quando era bambino, che è diventato la cifra della sua socialità. Una gioia esplosiva che si esprime in frasi brevi, a volte di poche parole, senza neppure il verbo, per dare il massimo accento alla loro portata semantica. Tante volte usa intercalari proprio per crescere il sottofondo dell’enfasi: “Di più. Ancora. E poi.” Si ha l’impressione di essere trascinati in una entusiastica cavalcata della vita e delle sue molteplici esperienze.

E consegna tutto il suo bagaglio di esperienze a chi viene dal nulla come lui, perchè non abbia il denaro, la fama o il potere come stelle polari: “Questo libro non ha la pretesa di ihsegnare niente a nessuno, ma se riuscirà ad accendere una scintilla, a dare conforto, a stimolare un’azione di qualcuno, questa sarà per me la più grande soddisfazione”.