I Medici. Una dinastia al potere, di Matteo Strukul
Primo di una serie di tre romanzi dedicati alla famiglia dei Medici, questo è incentrata sulla figura di Cosimo, figlio di Giovanni, che consolidò il potere economico creato dal padre con il Banco di prestiti e ne fece strumento di potere politico, conducendo a poco a poco Firenze in una forma di signoria dissimulata e scatenando così l’invidia e la reazione di altre potentei famiglie fiorentine e toscane.
Con raro effetto suggestivo l’autore apre il romanzo con un omaggio all’arte che rappresentò per Firenze l’eredità più grande e immortale che ricevette dai Medici: “Alzò gli occhi al cielo. Pareva polvere di lapislazzuli”: difficile trovare parole più evocative per rendere il brillante colore di un cielo terso, un misto di azzurro e luce. È Cosimo ad essere presente sulla scena, il cantiere di Santa Maria del Fiore. Un breve istante di mistico raccoglimento per poi essere travolto dalle impetuose vicende della storia.
Costretti al capezzale degli amati e stimati genitori nel giro di pochi anni, Cosimo e il fratello Lorenzo ricevono da ciascuno dei due un testamento spirituale ben più prezioso dell’eredità economica derivante dai profitti del loro Banco. Giovanni li sollecita ad una rettitudine e integrità morale che è l’unica via per ottenere il successo non disgiunto dall’approvazione pubblica. La madre invece li richiama al valore degli affetti familiari, ponendo le basi di quella forza coesa della famiglia Medici che contribuirà all’affermazione del loro potere.
Dal febbraio 1429 al settembre 1453, l’autore traccia un’appassionante biografia di Cosimo, emblema di una perfetta congiunzione di talento politico ed economico, capace di tirare le fila della storia della sua città tessendo abilmente la sottile trama politica che permise a Firenze di conquistare un primato politico, militare, economico e, non ultimo, culturale: è Cosimo che gestisce con sapiente strategia la guerra contro Lucca, l’alleanza con Francesco Sforza, la rivalità civile con Rinaldo degli Albizzi e Palla Strozzi; è sempre lui, insieme al fratello Lorenzo, a proseguire l’attività economica del padre rendendo il Banco sempre più esteso e florido; ed è soprattutto lui a legare il proprio nome alla storia dell’arte dell’ultimo Medioevo, ponendo le basi dell’imminente Rinascimento. Profondamente appassionato all’arte, si propone come mecenate per artisti immortali che in quel periodo arricchiranno Firenze di grandi capolavori, prima fra tutti, sicuramente, la cupola di Santa Maria del Fiore che sorge in questi anni proprio grazie all’impegno infaticabile profuso da Filippo Brunelleschi, coi finanziamenti medicei. L’autore si è volutamente documentato al fine di restituirci l’immagine della straordinaria originalità e sfida strutturale che quel progetto rappresentava, frutto del genio folle e assoluto di Brunelleschi. Neppure durante l’atroce periodo della peste del 1430, l’artista cessò di lavorare a quell’impresa impareggiabile. E Cosimo rimase lì con lui, “insieme alla plebe e al popolo e, in definitiva, alla gente comune, che non aveva altro posto dove andare se non le proprie case o le vie maledette di quella città che ormai pareva un girone dei dannati”.
Un’altrettanto impeccabilmente documentata ricostruzione storica è quella della battaglia di Anghiari che l’autore colloca nella seconda parte del suo romanzo come momento di svolta delle sorti delle due famiglie fiorentine che si contendono il potere, i Medici e gli Albizzi, e nello stesso tempo, delle due famiglie che di lì a poco si alterneranno sul trono del ducato di Milano, gli Sforza e i Visconti.
Volutamente moderno è il rapporto della coppia protagonista, Cosimo e Contessina: moderno nel linguaggio e nella stima reciproca, soprattutto nel rispetto per la figura della donna che è per Cosimo sostegno e punto di riferimento. Moderno è il loro rapporto coi figli, le preoccupazioni per lo scalpitare di Piero e la sicurezza per la conformità di Giovanni all’impronta della famiglia. Moderno è il legame con la famiglia di Lorenzo, il senso di unità che li aiuta a sopportare il periodo dell’esilio. Ma l’autore riesce a limare la modernità per farla aderire perfettamente allo stampo dell’ambientazione storica, così che il lettore non solo non è disturbato dall’attualizzazione di certi caratteri ma è attirato nella storia con maggior interesse e convinzione.
Ai personaggi storici che l’autore riesce a restituirci nella modernità e nel fascino di figure attuali e credibili, si affiancano i personaggi di fantasia non meno credibili per la perfetta aderenza alla società del tempo: dal mercenario austriaco Reihnardt Schwarz alla giovane profumiera Laura Ricci, entrambi rappresentanti di strati sociali emarginati che si sono dovuti arrangiare con quelle risorse che la natura aveva dato loro: la forza e il coraggio a lui, la bellezza e la spregiudicatezza a lei e, ad unirli, un sentimento che “era una bizzarra miscela di dolore, amore e umiliazione” . Strukul li circonda di una drammaticità intima che li rende umani e indimenticabili pur nella loro spietatezza. Entrambi lasciano nel lettore un segno di profonda fragilità, trasmettendogli la sensazione che il loro cinismo non sia che una corazza obbligata per poter sopravvivere in un mondo che non ha lasciato loro nient’altro. A queste due figure l’autore dedica forse le pagine più toccanti di tutto il romanzo.