La signora delle camelie, di Alexandre Dumas, figlio (Newton Compton)

La signora delle camelie, di Alexandre Dumas, figlio (Newton Compton)

Linguaggio desueto, ambientazione anacronistica, e sentimentalismo esasperato: tutti motivi per valutare negativamente una storia tragica di sensi di colpa, amore e riscatto. Eppure, si tratta di un classico, di un romanzo che resiste alle mode, che non conosce l’erosione del tempo: racconta e suscita emozioni eterne, quelle che fanno vibrare l’animo umano da sempre e per sempre continueranno a farlo.
Realmente esistita, “La signora delle camelie “, era Marie Duplessis, una delle cortigiane più famose di Francia, della quale Alexandre Dumas figlio si innamorò perdutamente. Come Marguerite, anche Marie morì di tisi giovanissima ma il suo ricordo è diventato eterno grazie a Dumas e a Giuseppe Verdi, che le dedicò “La Traviata”.
Appartenente alla corrente del romanticismo francese, il romanzo è ambientato nel 1800 e, attraverso un narratore esterno, narra dell’amore tra Marguerite Gautier, la più bella e desiderata cortigiana di Parigi, e il giovane borghese Armand Duval. Marguerite ama la vita agiata, il lusso, i piaceri della vita, e se li procura da “mantenuta”: offre sesso in cambio di soldi a uomini per cui non prova nulla. Solo per Armand prova un amore che tocca il cuore. Ma quella passione non può essere accettata dalla società. Come ben sa Marguerite chi è prostituta è feccia umana e non potrà mai avere una famiglia normale: “Se quelle che si mettono al nostro vergognoso mestiere sapessero che roba è, farebbero piuttosto le cameriere”.
L’autore critica la società perbenista, nobile e borghese ma fortemente ipocrita, che si serve di donne come lei per avere piacere a pagamento e le ripaga con il disprezzo condannandole a un futuro di solitudine: “La donna che non sia né madre, né figlia né sposa, non disprezziamola”. Dumas non condanna Marguerite, sembra piuttosto compatirla, vittima com’è del ruolo di donna perduta. Anche se per amore rinuncia a tutto, alla traviata non è concesso di emanciparsi, di vivere una normalità: ci prova, ma negli ultimi sprazzi di vitalità ritorna a una vita di eccessi dissipando così l’ultima speranza di salvezza.
Solo nell’epilogo finale si scoprirà la verità: solo alla fine dei suoi giorni, Marguerite morente rivelerà la profondità dei suoi sentimenti e si rivelerà degna di redenzione, capace com’è stata di mettersi da parte per la felicità dell’altro: “Quando Dio concede l’amore a una cortigiana, quest’amore che sembra un perdono diventa quasi sempre un castigo. Non c’è assoluzione senza penitenza”.