Il paese delle vongole, di Saverio Gamberini
Prima prova narrativa dell’autore, “Il paese delle vongole” è un giallo classico, caratterizzato da una nitida ambientazione territoriale: come su una scena teatrale, i protagonisti si adattano perfettamente allo sfondo di tempo, luogo e contesto sociale. Se ne percepisce l’appartenenza ed il lettore viene conquistato dall’atmosfera reale che caratterizza la storia.
Un incipit che, seguendo l’atterraggio di un aereo in un piccolo aeroporto del Polesine, sembra quasi allargare l’immagine attraverso un cannocchiale, ingrandendola a poco a poco. La lente del cannocchiale sono gli occhi di Amalia, che si presenta sulla scena, “appoggiando il mattarello” sul giornale. E’ un’icona delle terre italiane, in particolare emiliane, dove il mattarello è quasi una bacchetta magica nelle mani delle donne che tirano sfoglie fino a trasformarle in irresistibili piatti di ogni tipo. Amalia, in particolare, sa fare i migliori tortelloni di zucca del Polesine ed è soprattutto per questi che il suo ristorante è famoso e frequentato. La scena sulla quale l’autore ha aperto il suo sipario comprende anche un vecchio hotel, il Blue Shadow, costruito anni prima quando un sedicente speculatore finanziario aveva incantato gli abitanti con mirabolanti promesse di sviluppo edilizio: promesse in breve che erano presto sfumate, lasciando solamente, quell’albergo.
Su questo suggestivo scenario di sfondo si profila il protagonista, Amilcare Barca, un nome remoto, illustre, dignitoso, che da solo offre già un primo ritratto della persona che lo porta: medico di base bolognese, vedovo, introverso, riflessivo, profondamente umano per la sua “capacità di ascoltare e dare valore ai più piccoli e insignificanti aspetti della vita delle persone”.
Amilcare, casualmente testimone oculare di un compromettente colloquio fra il sedicente ministro dell’agricoltura venezuelano e alcuni suoi sgherri, sorpreso e inseguito, è costretto a fuggire arrampicandosi sulle finestre dell’albergo. La scena, volutamente rocambolesca e ironicamente rievocativa di tante imprese alla 007, ha però un finale amaro: la morte dello sgherro che ha tentato la stessa difficile arrampicata del medico.
La morte è un incidente, ma il delitto aleggia nell’aria. Senza mai abbandonare il contatto con la realtà territoriale, anzi, utilizzandola come connotazione di sapore all’intreccio narrativo, l’autore comincia a tratteggiare l’atto criminale: un contrabbando di droga e farmaci tra Londra, Bologna, ed il Venezuela.
Bellissimo e struggente il personaggio di Socrate, al quale l’autore dedica forse le pagine più belle del romanzo, quando delinea la storia della sua infanzia e adolescenza, la sua crescita come uomo, come marito e poi come padre adottivo, affrontando attraverso questa figura il tema della diversità. Socrate ha insegnato ad Amilcare il potere dell’accettazione della realtà, come mezzo per il superamento degli ostacoli che la vita ci pone. E Amilcare ne fa tesoro, aggiungendolo al suo bagaglio di sensibilità, di cui la vita lo ha caricato, un bagaglio prezioso, perché lo ha reso un uomo umanamente ricco.