Il rotolo di tela, di Alba Piolanti

Il rotolo di tela, di Alba Piolanti

La scrittrice ha voluto raccontare gli anni ’30-’40, la guerra, le stragi, la Resistenza, la fame, il dolore, attraverso i ricordi familiari di un gruppo di donne. Ci regala così un libro emozionante nel quale percepiamo l’importanza dei valori che hanno concesso a due generazioni fa di costruire il futuro di benessere e fiducia nel quale viviamo ora. E quei valori nascevano dal cuore della famiglia, dai legami che univano genitori, figli, fratelli e sorelle in una trama fitta e resistente come quella della tela. Il rotolo di tela, uno dei regali di nozze di Ida, è la testimonianza tangibile e pratica di quei preziosi legami. Svolgendo quel rotolo, si ritrovano oltre a quelli della famiglia, i componenti del borgo, i compaesani, accomunati dal luogo e dalla storia ma soprattutto dalla solidarietà che li unisce nelle privazioni e nelle minacce. Il borgo è la famiglia allargata, la seconda cinta muraria che protegge i singoli dopo quella della famiglia.

Il messaggio appassionato che la scrittrice vuole affidare a queste pagine è di custodire la memoria di quei legami e su di essi andare avanti a costruire perché sono le fondamenta più resistenti che si possano avere per la propria dimora materiale e sentimentale.

Il romanzo si dipana attraverso una serie di racconti collegati l’uno all’altro dal filo del matrimonio di Ida, la protagonista più giovane; l’annuncio del quale viene dato ad una donna scesa al fiume a fare il bucato e colpita non solo dalle campane a festa, ma dal volo di un aereo che lanciava riso. Geniale l’accostamento tra il vecchio e il nuovo, tra le campane festose e il lancio del riso da un aereo; un efficace espediente narrativo per esprimere la continuità e la sana connessione tra passato e futuro.

Da quell’annuncio di nozze, la trama si proietta all’indietro, con flashback paralleli nella generazione della nonna Dulinda e dei genitori Nabucco e Nora. Dulinda ha vissuto gli anni antecedenti la seconda guerra, nei quali ha precocemente perso il marito, ucciso da un sicario fascista. L’ingiustizia profonda che ha privato la donna, madre di otto figli sopravvissuti ha talmente segnato la sua vita da toglierle ogni sfumatura positiva, lasciandole sole asciutto dolore, lucido desiderio di vendetta e tanta tanta forza di volontà nel sopravvivere e far sopravvivere i figli. Non c’è più spazio in lei per sentimenti sereni, né per un amore materno espresso con dolcezza e sorrisi; quello che Dulinda si può permettere è solo lottare disperatamente per dare cibo, vesti e casa ai figli. Ed i figli sono stati capaci, perché consapevoli del legame primordiale e profondo che unisce una famiglia, di comprendere questo sforzo immenso della madre ed hanno saputo darle quell’affetto e quella dedizione che lei non poteva permettersi di esprimere coi fatti: “La storia era un tremendo tesoro che i membri della famiglia portavano sepolto  nei cuori, vivo e bruciante; quasi un segno di distinzione che, oltre alle doti di tutti, come la tenacia, la determinazione e l’onestà, si aggiungeva agli altri eventi drammatici che la Dulinda e i figli avevano vissuto”.

Ida rappresenta la figlia di quel progetto di miglioramento sociale che ha accomunato tutti i membri della famiglia Dulinda: ha potuto studiare e può costruire per lei, i suoi figlie e la sua generazione, un mondo migliore: “A cosa servivano la lotta, il sacrificio, la sofferenza, i lutti, la miseria di tutti loro, se non miglioravano la vita dei più giovani? Erano inutili i valori, i sogni, le speranze che li avevano animati se non venivano raccolti dai figli e dai nipoti”. Il suo entusiasmo e la sua fiducia nella vita sono la forza per farlo. Ma lo strumento più potente che le viene dato è la memoria: “Quello che più di tutto le premeva era parlare e farsi raccontare…Raccogliere notizie, ascoltare storie, rivivere emozioni, ereditare dalla famiglia e dalla gente l’energia vitale, il coraggio, l’attaccamento agli ideali e la determinazione per realizzarli che tutti avevano condiviso e che tuttora viveva nella vita di ciascuno”. Giorno dopo giorno, nell’attesa delle nozze, ascolta la testimonianza delle donne della famiglia, della madre, delle zie e della nonna: sono loro, depositarie di quel compito di sostentamento e tutela di mariti e figli, a portare in sé la forza procreatrice di speranza e vigore che consente di seminare un futuro migliore sull’humus del dolore passato: “Nel borgo la solidarietà, l’amicizia, l’aiuto reciproco li avevano guidati nelle difficoltà e quell’armonia di esistenze era la chiave per il miglioramento”.

Dalla trama e dai personaggi scaturisce l’importanza dei valori che hanno concesso a due generazioni fa di costruire il futuro di benessere e fiducia nel quale viviamo ora. E quei valori nascevano dal cuore della famiglia, dai legami che univano genitori, figli, fratelli e sorelle in una trama fitta e resistente come quella della tela. Il rotolo di tela, uno dei regali di nozze di Ida, è la testimonianza tangibile e pratica di quei preziosi legami. Svolgendo quel rotolo, si ritrovano oltre a quelli della famiglia, i componenti del borgo, i compaesani, accomunati dal luogo e dalla storia ma soprattutto dalla solidarietà che li unisce nelle privazioni e nelle minacce. Il borgo è la famiglia allargata, la seconda cinta muraria che protegge i singoli dopo quella della famiglia.