Julienne, di Mariel Sandrolini
Raccontando una storia vera, l’autrice ha voluto ripercorrere la Storia dell’Italia dal primo dopoguerra al ’68. Due momenti cardine per la vita non solo del paese ma di ogni singolo individuo che delimitano cinquant’anni di profondo rivolgimento storico, sociale, economico e culturale.
La voce narrante è quella di Enrico Trebbi che, ormai adulto, visitando la mostra di Vermeer su La ragazza con l’orecchino di perla che nel 2014 è stata ospitata a Palazzo Fava, si trova improvvisamente e inaspettatamente di fronte al suo antico amore di gioventù mai dimenticato e sempre atteso: Julienne.
Così, svolgendo filo sottile del passato Enrico racconta la sua storia, da quando era bambino al momento stesso da cui ha preso inizio questo romanzo.
Non volendo aderire al fascio, il padre di Enrico è costretto a trasferirsi con la famiglia in Corsica, la terra di emigrazione più vicina geograficamente, seppure culturalmente molto lontana. Là, Enrico si adatta alla gente e alla vita del posto con un po’ di difficoltà perchè i figli degli emigrati vengono emarginati fin dalla scuola. Ma il loro carattere li aiuta a pazientare e adattarsi. Proprio grazie a questo atteggiamento di maturità e coscienza, Enrico fa colpo su Julienne, figlia del medico della città. La ragazzina, dallo spirito ribelle e dalla passione per l’arte, lo conquista e ne è conquistata. Da una tenera amicizia di tredicenni si sviluppa anno dopo anno un amore che sa andare oltre le traversìe imposte ed i periodi di seprazione imposti dalla storia politica e sociale del paese: “Arrivarono i mitici anni Sessanta (…). I giovani diventarono i protagonisti, la loro arma del cambiamento fu la musica con la sua ventata di rinnovamento melodico e, soprattutto, di rottura con gli schemi classici della canzone italiana (…). È proprio partendo dai nuovi gusti musicali che i giovani iniziarono a canalizzare le proprie energie e a sviluppare il loro percorso di cambiamento (…) Furono gli anni in cui la protesta studentesca si saldò con quella degli operai, diventando il punto focale di orientamento del pensiero e della prassi politica giovanile”.
La prosa dell’autrice, caratterizzata da una linearità priva di enfatismi, ridondanze, concessioni alla violenza tout court, rispecchia la personalità composta e riflessiva del protagonista. Per lui, il mezzo secolo che va dal 1918 al 1968 è lo sfondo che lo ha visto crescere, il sostrato della propria identità. Non perdendo mai, pur nel faticoso e a volte drammatico percorso di crescita quell’atteggiamento di accettazione e pazienza che i genitori gli avevano trasmesso, non prende posizioni etiche, politiche o morali, non si erge mai a giudice del suo prossim;; guarda solo al suo mondo, alle persone che ha amato profondamente: la famiglia, Julienne e chi gli ha offerto, nel corso del tempo, fiducia, affetto e comprensione.