L’archivista, di Loriano Macchiavelli (Einaudi)

L’archivista, di Loriano Macchiavelli (Einaudi)

“Gialli con Antonio Sarti” è il titolo che Wikipedia dà alla serie di polizieschi di Loriano Macchiavelli ambientati a Bologna, che vedono come protagonista il sergente Antonio Sarti, anzi Sarti Antonio sergente come viene chiamato in un efficace miscuglio di formalità e popolarità. E’ significativa quella congiunzione perchè Sarti Antonio non è sempre l’indiscusso, eroico protagonista come per tante altre serie di polizieschi. In questo romanzo, infatti, il sergente è marginale, presente in forma di alter ego ‘negativo’ (attingendo alla terminologia tecnico-fotografica) del vero e proprio protagonista, Poli Ugo, viceispettore aggiunto, chiamato lo Zoppo da quando, in un incidente stradale durante un inseguimento, la gamba gli è stata distrutta, lasciandolo storpio, profondamente amareggiato e… archivista. In quelle condizioni non ha più potuto svolgere il proprio ruolo attivamente ed è così stato assegnato al rango più misconosciuto di tutti, una sorta di claustrale ritiro in una cripta di scartoffie dove finiscono, tra gli altri, tutti i casi irrisolti, chiusi per mancanza di prove. Così, sul suo tavolo, finisce anche il caso di uno scippo ad una giovane studentessa, che però ha avuto una conseguenza imprevista, la sua caduta con trauma cranico che l’ha lasciata in coma. Imprevisto? Poli Ugo non ne è convinto. Stanco di questa superficialità, in un impulso di rivalsa non solo sui colpevoli di quello che, dentro di sè, ritiene un tentato omicidio più che un incidente, ma soprattutto sui colleghi e su Sarti Antonio così pronti ad arenarsi alle prime difficoltà, prende in mano la situazione. Non invia ufficiale, però, vuole essere libero dai vincoli formali che legherebbero le indagini con i propri codici di comportamento legali, prende una settimana di ferie dal lavoro e dalla famiglia (da una moglie distaccata e scialba, da un figlio adolescente irraggiungibile) e si stabilisce in un alberghetto di infima categoria, in centro a Bologna. Conduce le indagini per proprio conto, a modo suo: parte volutamente da altri due casi archiviati come insoluti, quello della morte di Romolo Lucito, un addetto alla moviola cinematografica di una casa produttrice che sta girando un film e quello, apparentemente ancora più insignificante, della sparizione dalla cineteca comunale, di una misteriosa pellicola.

Dall’ombra dell’archivio, l’archivista estrae quelle pratiche e mette insieme tanti piccoli dettagli che, per ciascuna, non avevano significato, ma comparati fra loro manifestano coincidenze tutt’altro che irrilevanti. L’indagine di Poli Ugo è condotta completamente fuori dagli schemi ordinari di metodi e approccio, fuori dal tempo, perchè lo Zoppo non distingue il giorno dalla notte, seguendo solamente l’impulso delle sue intuizioni e della sua ricerca di prove e dietro l’apparente distacco di chi, dal basso del proprio ruolo emarginato, vuole dimostrare a chi è fuori, a chi è sopra, al saccente Sarti Antonio, al formale commissario, che non sanno vedere alla luce della loro posizione in prima linea quello che lui, dall’ombra del suo archvio dimenticato, ha invece ben chiaro ed evidente: “Ti isolano, ti fanno incarognire solo perché tu vali più di loro. Io ragiono con il cervello, non con la gamba destra! E mi hanno sbattuto in un buco d’ufficio dove non c’è neppure una finestra. Ma questa gamba se la sono presa loro. Non la smetterò. Nemmeno se mi ammazzano! Ladri e burocrati!”

Ma non c’è solo ripicca per la propria degenerazione professionale, in Poli Ugo, viceispettore aggiunto; c’è soprattutto amarezza per un mondo in cui la corruzione si è infiltrata ovunque, in cui si ha paura di perdere una posizione di rispettabilità e si preferisce sacrificare delle vite umane al proprio traguardo raggiunto. Un’amarezza intrisa di grande umanità, che scalpita sotto la rude scorza di scontrosità di cui lo Zoppo si è rivestito, un’umanità che trapela indirettamente, dal suo sentire la propria città, la propria gente: Bologna degli anni ’80 è la protagonista sublminale di questo romanzo, scenario discreto delle scorribande di Poli Ugo.