Ultime notizie di una fuga, di Valerio Varesi (Frassinelli)

Ultime notizie di una fuga, di Valerio Varesi (Frassinelli)

Con questo suggestivo titolo, Valerio Varesi, giornalista e scrittore multigenere, dà inizio alla serie poliziesca di Franco Soneri, un commissario introverso e solitario. L’ambientazione autunnale, umida e grigia contribuisce a qualificare la natura schiva e nostalgica di Soneri. In questa sua prima storia non sappiamo ancora nulla del passato che emergerà negli episodi successivi, costruendo a poco a poco, caso dopo caso, quel personaggio che, come capita a tanti scrittori di genere, finisce per aderire al suo autore e accompagnarlo in un rapporto lavorativo quotidiano (come Scherlock Holmes per Conan Doyle, Maigret per Simenon, Montalbano per camilleri e molti altri).

Nella prefazione a questa edizione, Varesi esprime in modo molto eloquente il rapporto col proprio personaggio: “Da quindici anni convivo con il commissario Soneri e sembra quasi un matrimonio. All’inizio, mica avevo intenzione di legarmi a un personagio seriale. Sono un randagio della scrittura che va dietro alle storie lasciandosi affasicnare. Ma sempre più spesso erano proprio le storie di morti e misteri ad attirarmi” così si è posto un obiettivo specifico, “introdurre nel giallo l’inquietudine e gli stati d’animo tipici degli autori di noir francesi: Izzo e Manchette, Malet e naturalmente, il padre di tutti, Simenon. Mi ci voleva un personaggio adatto a farsi osservare intimamente, ma con pudore. E così è nato Franco Soneri, un uomo poco appariscente, schivo, taciturno (…). Un personaggio in evoluzione, che invecchia emuta con il passare del tempo”.

L’entrata in scena lo presenta in un’immagine che ci proiettiamo interiormente in bianco e nero, come un film degli anni ’50: Soneri, alla fermata di un autobus, legge una notizia su un giornale. È un articolo che rievoca una vicenda di alcuni anni prima, la sparizione misteriosa di un’intera famiglia: padre, madre e due ragazzi già grandi. Alla raffinata e decisa penna dell’autore sono sufficienti pochi tratti per scolpire in un bassorilievo le figure del ragioniere Mario Rocchetta, “irreprensibile capocontabile della ditta Verre, alto, stempiato, imponente e silenzioso come una statua” e di sua moglie Maria, una donna afflitta con un perenne sorriso triste d’intercessione”. Lui, Rocchetta, sarà il fil rouge dell’indagine, un filo sottile e aggrovigliato che Soneri dovrà seguire e districare da un misterioso intreccio di interessi economici e finanziari, di evasioni fiscali, rivalità e ricatti.

Soneri raccoglie la sfida e comincia il gioco. La prima pedina che colloca sulla scacchiera è quella di Fracassi, ex socio di una potente immobiliare: dopo la morte dell’imprenditore, convinse i soci rimasti a creare un contabilità parallela, immergendo la società in una palude di denaro sporco che, più cresceva, più li imprigionava: “In questa storia ci sono ladri e derubati, ma questi sono a loro volta disonesti e non possono imputare ad altri quel che potrebbe ricadere su di loro (…) Una storia che è andata avanti con equilibrio perfetto fino a che un errore, magari banale, ha inceppato il meccanismo e tutto ha cominciato a svelarsi (…) A quel punto tutti potevano ricattare tutti. (…) La risultante doveva essere il silenzio: se cadeva una pedina, tutte le altre l’avrebbero seguita”.

Soneri, deciso a seguire il denaro che ormai è certo essere l’unica pista percorsa dai protagonisti di questa oscura vicenda (“I soldi rimarranno sempre il motore di tutto. Uno tiene d’occhio il denaro e spiega il mondo”), fa tappa prima in Svizzera, poi a Londra dove ottiene un aiuto prezioso dalla contessa Camilla Podavini-Hunt, moglie dell’ambasciatore italiano, figura di raffinata femminilità e fascino squisito.

Varesi ha costruito una trama gialla i cui fili si stringono sempre di più, senza possibilità di pervenire ad uno scioglimento. Questo fa del primo romanzo di Soneri un vero e proprio noir, perchè l’indagine, come si era riproposto l’autore, non si sarebbe “fermata alla scoperta del colpevole, ma poteva (e doveva) esere dilatata al contesto, svelandone le contraddizioni e le potenzialità criminogene“.

Varesi è così riuscito ad andare oltre “il semplice, rassicurante schema delitto-indagine-soluzione“, creando un romanzo realista ricco di suggestioni emozionali che esprime attraverso una scrittura pulita, mirata, lessicalmente perfetta. Non si potrebbe cambiare una parola senza deturpare un’impressione, un’immagine, una sensazione.