Il silenzio della bassa, di Massimo Fagnoni (Fratelli Frilli)

Il silenzio della bassa, di Massimo Fagnoni (Fratelli Frilli)

E’ con questo romanzo che Fagnoni introduce per la prima volta Galeazzo Trebbi, personaggio che diventa uno dei più amati investigatori del noir di oggi: “…brutta copia di un Marlowe bolognese. Con il suo impermeabile fradicio di pioggia da bassa emiliana e un cappellaccio largo, che ricorda un borsalino dei poveri, si sente spesso un segugio sdentato dietro a tracce evidenti di miserie umane. Pochi euro e risicati rimborsi spese per dare conferme a uomini e donne dei loro fallimenti sentimentali, esistenziali, a volte finanziari. Spesso deve salvare ragazzini sperduti, come sua figlia, dietro a qualche  nuova droga o al primo criminale innalzato a nuovo dio da adorare“.

Proprio questa sua missione, sarcasticamente, gli si è rivoltata contro, mettendolo di fronte alla vittima che mai avrebbe voluto dover aiutare, sua figlia Irene. L’incubo che ne ha segnato la vita costituisce l’incipit della storia: il flashback che lo riporta alla cieca aggressione ad un amico della figlia, col proposito disperato di conoscere il nome di chi ne aveva distrutto la vita senza ucciderla. Difficile mantenere un’àncora etica verso la società quando si subisce un trauma così, ma Trebbi ha una sua decisa idea di giustizia che persegue da solo, sempre nei limiti di una deontologia che è stata della sua professione e che lo mantiene vivo, come una linfa che comunque gli scorre nell’animo esacerbato. Solitario ma pronto a collaborare anche con le forze dell’ordine nel momento in cui gli si offre l’occasione, spesso un passo più avanti di loro.

Al centro dell’indagine psico-sociale, in Fagnoni, c’è spesso una decadente situazione familiare, legami intristiti, implosi in futili vittimismi, insoddisfazioni, isolamenti. E in questo caso al centro del centro dell’indagine c’è Celeste una ragazzina, adolescente, seria, studiosa, un po’ introversa di natura, timida, la classica ragazzina perbene, d’altri tempi. Entrando nel suo mondo, però, si percepisce un dramma silenzioso e opprimente: un padre alla continua ricerca di una sopravvivenza professionale ed economica, una madre che ha subito la prima maternità come un trauma dal quale si è ripresa per contrappasso curandosi sempre più di se stessa e del proprio aspetto fisico, una sorella minore che, a differenza di lei, manifesta nel modo più appariscente e trasgressivo possibile quel disagio familiare con piercing, abbigliamento dark, linguaggio volgare, atteggiamenti di ribellione e chiusura. E Celeste prende una decisione. La decisione di fare qualcosa per cambiare quella deriva di sentimenti e relazioni che la sta trascinando nell’abisso. Scompare.

La sua scomparsa scatena gli eventi successivi. La ricerca è condotta con metodi totalmente diversi su due fronti: quello istituzionale delle forze dell’ordine e quello, a lato, più empirico e svincolato, di Trebbi incaricato da Fiorella Benedetti, conduttrice di un talkshow di grande successo e sua occasionale committente di casi interessanti per la sua trasmissione. Un talkshow come ce ne sono tanti, che scova misteri, scomparse, sparizioni, eventi scabrosi, per stuzzicare la curiosità morbosa di un pubblico che sembra nutrirsi di disgrazie e misteri da sviscerare.

Fagnoni guarda la società senza filtri, scovando tutto quello che la macchia di meschinità, egoismo e avidità oltre la corazza di superficialità, grettezza, cinismo, povertà morale che caratterizza molti dei suoi protagonisti. Da Fiorella, alla ricerca dell’affermazione personale, insopportabilmente untuosa e subdola, alla fatua Margherita, incapace di accorgersi di quello che sta accadendo alle figlie, dal padre, che non ha saputo imporsi né alla moglie né alle figlie, rifugiando la propria coscienza in una ricerca di stabilità economica per la propria famiglia, allo stesso don Andrea, parroco della piccola comunità di Santa Maria in Duno, vicino a Bentivoglio, giovane e attraente, sportivo, disinvolto (forse troppo) nei confronti dei giovani e di Celeste in particolare che ne subisce profondamente il fascino, fino ad Alida, il perno dell’intreccio giallo: originaria della Sicilia, cresciuta in un contesto familiare di abusi e violenze, ha imparato dalla vita che non c’è nessuno degno di rispetto, di amore, che l’unica cosa che conta è di non soccombre in una jungla, dove, si dice, sopravvive il più forte, il più scaltro, chi sa attaccare, nascondersi, ingannare. Alida concepisce un piano per estorcere dei soldi ad una famiglia che si trovi nelle condizioni ideali, la famiglia di Celeste, seguita, studiata, plagiata, fino ad essere coinvolta nell’infido piano. Un piano di un’impudenza sconvolgente che solo Trebbi riesce a percepire.

Personaggio interessante, pur nella sua fredda ritrosìa, è quello della nonna di Celeste. Distaccata da tutti, sola per scelta, per amara constatazione della vanesia mediocrità di cui è circondata a partire dai suoi stessi familiari, il figlio e la nuora, ha nutrito affetto solo per le nipoti, che ha percepito più deboli e meno responsabili. Ma non ha saputo salvarle. Così come non ne sono state capaci le persone che lei stimava così poco. Si fa presto a giudicare, ma la vita chiede di mettersi in gioco in prima persona ed è sul campo della vita che si vede chi ha la volontà, davvero, di impegnarsi per un risultato che sia utile a tutti, non solo a se stesso. Trebbi è così, Alba è così, la psicologa della squadra speciale che il commissario Guerra ha istituito per affrontare multidisciplinarmente i numerosi episodi di scomparse. Sono così i giovani agenti della squadra, i due che per due volte cercano un dialogo con la nonna, i due che si recano all’Hospice, l’ospedale del non ritorno, dove interrogano un testimone che ha visto per l’ultima volta Celeste la sera della sua scomparsa. Ed è così Bianca, la figlia di Guerra, il riflesso di una giovinezza pulita, sana e ottimista. Se Irene e Celeste sono le vittime di una perversione giovanile che proviene dall’instabilità di legami ed esperienze sbagliate, tutte le altre figure femminili del romanzo, sembrano invece premiate nella loro sofferenza da una svolta migliorativa.

Spesso, nei suoi romanzi, Fagnoni sposta la lente della pietà e della speranza dai protagonisti ai personaggi minori: mentre i primi sembrano irrecuperabilmente intrisi dell’insana decadenza morale e vittime-colpevoli cadute in un loop che l’insicurezza e la superficialità impedisce loro di interrompere, esili figure spesso provenienti dal medesimo stato confusionale sui valori di oggi, sul loro ruolo, sulle loro possibilità, riescono ad emergere silenziose, tanto che basta poco perché la luce della positività e della speranza che trasmettono riesca ad illuminare fiocamente le scene più scure.