Bar Sport, di Stefano Benni (Feltrinelli)

Bar Sport, di Stefano Benni (Feltrinelli)

Tappa di lettura imprescindibile per i giovani degli anni ’80, Bar Sport è una raccolta di racconti nei quali, partendo da un fulcro d’ambiente tipico, come quello di un bar della periferia cittadina o di un paese, l’autore disegna icone sociali degli anni ’70, nei quali ci si ritrova immediatamente o per esperienza diretta o per la restituzione di chi l’ha vissuta in prima persona. Il Bar era un punto d’arrivo e d’incontro delle esperienze individuali che raccoglieva, miscelava e restituiva sottoforma di amalgama sociale. Il Bar dove si trovavano prevalentemente gli uomini ma che, consentendo loro di riportare in un contesto allargato sè come individui, li formava come membri di una comunità nella quale erano poi coinvolti anche le donne e i bambini che non entravano fisicamente in quel contesto. Il Bar di Stefano Benni è un megaschermo nel quale vediamo film-documentari di vita vissuta che, grazie al suo particolarissimo tratto tra il paradossale, il grottesco e il satirico, ci divertono e ci commuovono

Il primo racconto, La Luisona, pasta storica fra quelle che sembrano nella vetrina del bar solo per immagine, che forse sono lì da anni, che hanno probabilmente subito una metamorfosi dall’organico all’inorganico, ha avuto un tale successo da diventare per lui una sorta di involontario biglietto da visita. 
Il tecnico, Il cinno, Pasquale il barbiere, Il Playboy da bar sono piccoli capolavori di caratterizzazione enfatizzata ma estremamente realistica di figure che tutti abbiamo presenti, che solo Benni però è riuscito a definire nella loro essenza dando riconoscibilità immediata a tipi sociali del nostro quotidiano.

Il Tecnico è “l’asse portante di ogni discussione da bar (…), non si siede mai e porta impermeabile e cappello anche d’estate (…) Dal suo angolo aspetta che due persone del bar vengano a contatto. Non appena una delle due apre bocca, piomba come un rapace sulla discussione. Nell’avvicinarsi emette il verso del tecnico ‘Guardi, sa cosa le dico?’ e scuote la testa (…). Quale che sia l’argomento trattato, il tecnico lo conosce almeno dieci volte meglio dell’occasionale interlocutore, anzi, dirà, è una delle cose che lo ha interessato di più fin da piccolo“. 

Il Cinno è la “spalla del barista“: “Come si diventa Cinno? Si diventa Cinno perchè non si ha più voglia di studiare. Alcuni lasciano la scuola e fanno i vicedirettori nell’azienda del babbo. Altri si mettono a fare borse e cinture. altri ancora si fanno passare un piccolo stipendio mensile, si iscrivono ad Architettura e partono per il Gargano. Altri, inspiegabilmente, preferiscono diventare Cinno. Qualcuno parla di vocazione, altri di ragioni sociali“.

Pasquale il barbiere “è molto più di un barbiere. E’ un amico, un fratello, un maestro. La sua voce soave tratta con competenza i più svariati argomenti (…). Tutti sprodondano nella sua poltrona come nell’utero materno” perché sa essere il depositario di ciascuno, qualunque sia il bisogno, il punto debole nascosto.

Tipico del Playboy da bar è che “non lo troverete tutte le sere: il playboy va al bar una sera sì e una no. Questo per il fatto che deve raccontare agli amici, il venerdì sera, l’avventura del giovedì sera, e così via”. Dopo aver sottolineato che un playboy astuto non incorre nel classico errore di anticipare il racconto di una sera nella quale era incontestabilmente al bar, Benni crea una scenetta teatrale ricca di humour affiancando la cronaca dei fatti nella versione riferita dal playboy e nella versione reale.

Esilaranti le immagini che fanno parte intrinseca di un bar, l’insegna malfunzionante (uno dei racconti più irresistibili), le varie tipologie di gatto da bar, le tipiche esagerazioni delle cronache di caccia o pesca e, i programmi del cinema vicino, la cotta del ragioniere per la prosperosa cassiera e, naturalmente, immancabilmente, la condivisione degli eventi sportivi. Nei racconti dedicati al ciclismo, Il grande Pozzi e al calcio, Viva Piva, Benni diventa quasi cinicamente spietato nell’enfatizzare con l’uso del paradossale, il fanatismo che trasformava, nell’immaginario collettivo, uomini normali in androidi capaci delle più svariate e rocambolesche imprese.