Beata Gioventù, di Vincenzo Galati (Oakmond Publishing)
“Fermamente convinto che l’ironia salverà il mondo“, come ci viene presentato sul retro di copertina, Vincenzo Galati ci regala un giallo delizioso, dove l’intreccio classico è condito con un registro narrativo umoristico spontaneo e frizzante.
Un omaggio alla ‘terza età’, ad una generazione di cosiddetti anziani che, in fondo, sono ben lungi dall’esserlo. Una Miss Marple genovese, Olga, si trova casualmente presente sulla scena del delitto, nella quale viene uccisa una sua amica, Anna. Le due donne si sono incontrate ad un’asta di preziosi, dove Anna è venuta a far valutare una moneta. Olga la vede entrare nell’ufficio dell’esperto e la ritrova poco dopo, fuori dalla porta, senza vita e senza moneta. Ma più che il dolore, dal quale per età e per carattere non è incline a lasciarsi abbattere, è un pungente senso di ingiustizia a scuoterla, il disgusto per l’assassinio, a tradimento, di una persona indifesa e ingenua. Prende una decisione che sulle prime può sembrare un capriccio infantile, quello di scoprire il colpevole e consegnarlo alla giustizia, ma, a ben ben vedere, non è affatto così. Dietro quella decisione c’è una spinta seria e ponderata che si rivela nella pazienza e caparbietà con la quale si prepara ad affrontare un mondo ed un tema a lei fino a quel momento completamente estranei, quello della numismatica. Prima di compiere qualsiasi passo si ritira in casa con pile di libri sull’argomento prelevati in biblioteca e studia. Studia per giorni e giorni, acquistando sulla carta una tale competenza da potersi presentare in maniera credibile proprio all’assassino. E mentre lei è chiusa in casa, il piccolo mondo di cui fa parte, la compagnia di coetanei che trova al parco sempre alla stessa ora e sulle stesse panchine, comincia a muoversi, a palpitare, messa a disagio dall’assenza misteriosa di Olga, per di più dopo la scomparsa di Anna. Quel piccolo mondo le va incontro premuroso e lei sa che può contare su di loro per mettere in atto il suo piano di difesa postuma dell’amica. Alcuni più entusiasticamente, alcuni con un po’ di incertezza, si rivestono dei ruoli che quella improvvisata investigatrice affida loro e la commedia va in scena.
È solo l’inizio di un intreccio effervescente e inarrestabile che, come nella migliore tradizione gialla, dopo un accenno di scioglimento, s’ingarbuglia ancora arricchendosi di colpi di scena. Eppure, l’autore, riesce a far prendere respiro ai suoi personaggi con pause che, sapientemente collocate, mantengono il coinvolgimento emotivo del lettore, come, delizioso, il luogo in cui Olga sceglie fermarsi un momento (non si è ancora accorta di essere pedinata, mentre il lettore è appena stato messo sull’avviso, ecco come Galati ha dato respiro alla sua protagonista senza concederlo al lettore): “…la sua libreria favorita. Piccola, raccolta, un gioiellino allestito con cura sapiente. Non poteva pensare a un luogo migliore dove passare la mezz’ora che la separava dall’organizzare la cena, curiosando fra le centinaia di volumi di romanzi gialli, in quella minuscola libreria così carica di atmosfera. Una libreria come quelle di una volta, che davano l’impressione di essere in una biblioteca privata. Dentro non c’erano poster con divi del cinema (…). La proprietaria, dalla sua posizione, era in grado d’indicare qualsiasi libro sugli scaffali e dirne titoli, autore e trama, e, molte volte, persino l’arma del delitto”.
Galati riesce col gradevole tocco ironico a mantenere un equilibrio fra il concreto e il paradosso. L’intraprendenza di Olga, per non sfociare nell’irrealtà, è temperata dalla cauta lucidità del commissario Schiappacasse e dell’attendente Lorusso che la conoscono da tempo, sono abituati al suo intuito poliziesco ed alla sua determinazione. Devono quindi, dall’alto della loro funzione istituzionale, reggere le fila di quel teatrino perché non sfugga dai binari della credibilità. Sono due figure piacevoli, quasi angeli custodi che, consapevoli dell’impossibilità che Olga desista dai propri propositi l’affiancano per proteggerla, fiduciosi, anche se non vogliono sempre ammetterlo, nelle sue capacità investigative.
Sullo sfondo, pittoresca, la città di Genova, che occhieggia di tanto in tanto attraverso le fitte maglie dell’intreccio giallistico: “Le piaceva passeggiare per quelle vie, dove tra una persiana aperta, un vecchio lampione e il sole che sfiora appena i muri, si trova l’anima vera e la pura essenza della città vecchia. Un luogo che non ammette mezze misure; tra le emozioni contrastanti di chiaroscuri, luci e ombre, profumi e odori nauseabondi, l’infinito del mare a due passi e la verticalità dei muri tutt’attorno”.
L’autore oscilla sapientemente fra le varie sfumature che tingono la sua storia: la suspense del giallo, l’effervescenza del registro umoristico, la rappresentazione psicologica di quella che è definita la terza età ma che, oggi, è ben lontano da quel cliché di ‘vecchi sulle panchine del parco’ a cui siamo abituati. Anzi, proprio ‘svegliandoli’ da quelle panchine con il piano ordito dalla sua protagonista, l’autore toglie loro una patina di decadenza che non calza più.
I settantenni di oggi hanno mente vivace e brillante, e spesso un fisico pronto e agile. Hanno ancora molto da dare alla società. È il messaggio di Galati, reso con garbo e simpatia, al quale si affianca un altro messaggio, quello ‘noir’, dell’intricato meccanismo di colpa e innocenza che spesso sottosta ad atti criminali.