Il condominio creativo, di Saverio Gamberini (Freccia d’Oro Edizioni)
In questo suo sesto romanzo Saverio Gamberini, autore bolognese amante dell’indagine sociale di cui permea le sue trame gialle dando loro la tanto amata sfumatura noir, sceglie per i suoi protagonisti uno scenario comunissimo nel nostro quotidiano ma forse letterariamente meno sfruttato di altri, quello di un condominio. A ben considerare, infatti, ogni condominio è una piccola realtà sociale ben identificata all’interno di contesti ambientali più vasti come la città, la nazione, la sfera culturale e così via. Una sorta di scatole cinesi di habitat che è interessante considerare perchè ogni singolo individuo è parte di ciascuno di essi e ne subisce inevitabilmente tutti gli effetti. E la realtà del condominio, più ancora di quella del vicinato generico, è molto potente nel condizionare azioni e reazioni dei suoi abitanti che il più delle volte subiscono questo rapporto di convivenza piuttosto che trarne vantaggio: “La dinamica delle assemblee era dominata da un vortice incontrollabile delle espressioni più degeneri della natura umana. L’aggressività era fine a se stessa perché non si percepiva il senso della cosa comune”.
La storia disegnata da Gamberini è volta proprio a riconsiderare questo cliché, a suggerire una visione di solidarietà autentica ricercata al di là della piccineria dei contrasti che solitamente animano questi contesti.
Il registro narrativo è prettamente umoristico: l’autore ha raffinato ed esteso a tutto il romanzo quella vena di humour garbato presente anche nelle sue opere precedenti e che qui zampilla fresca e vivace. Tuttavia, anzi, quasi e fornirgli una cornice, l’incipit della storia è profondamente amaro. Amilcare è in attesa di confidare ad uno dei suoi pazienti, Giovanni, l’amministratore del condominio, che gli esami clinici hanno dato un esito ineluttabile e che ha davanti a sè pochi mesi di vita. Le pagine che descrivono i momenti che precedono la rivelazione, la silente oppressione di Amilcare per il macigno della propria responsabilità e quindi il dialogo fra i due, delicato, sincero, sono profondamente toccanti.
Quella notizia ha su Giovanni un effetto catartico e stimolante, come se, la consapevolezza di avere un traguardo davanti a sè cancellasse tutta una serie di inibizioni, pensieri ossessivi, legami psico-emotivi. Si libera di tutti quelli che, a livello individuale e sociale, lo avevano sempre avvinghiato: il rispetto delle regole ufficiali e delle consuetudini non scritte sulla carta bensì nella tradizione del piccolo contesto ambientale del condominio. Quelle che fino a quel momento aveva percepito come nauseanti meschinità, perdono d’importanza e quindi di gravità e, svestendosi di quella patina di proceduralità imposta, diventano debolezze umane da comprendere e confortare: “Capì che i regolamenti e le leggi alle quali faceva riferimento non erano consoni alle dinamiche umane. Il condominio aveva peso la capacità di comunicare. Doveva creare un contesto diverso, nel quale le persone potessero esprimersi come persone, un contesto verso il quale le persone mostrassero un atteggiamento costruttivo”.
Lo scatto che attiva questa nuova lente prospettica in Giovanni (e nel lettore) è l’impulsiva decisione di procedere al rifacimento dell’intonaco del palazzo da solo, dando un calcio a norme di sicurezza e procedure di approvazione. Accatastato con rabbia un ponteggio, l’amministratore comincia a scrostare il vecchio intonaco sotto gli sguardi attoniti dei condomini. La scena in cui si affacciano dalle finestre o dal basso osservando perplessi quella novità è farsesca e commovente al tempo stesso. Si sente un profumo di passato, di genuinità e tradizione.
E, altrettanto impulsivamente, con quella umanità che dagli albori ha portato l’uomo a cercare la comunità piuttosto che l’isolamento, ad uno ad uno, i condomini accettano la proposta di Giovanni di partecipare ad un fantomatico bando di concorso per il miglior Condominio Creativo (un progetto del tutto inventato sul momento ma che andrà acquisendo una realtà propria nell’uso che ne faranno le persone); si liberano delle reciproche diffidenze e acrimonie e affiancano Giovanni nel lavoro di scrostamento dell’intonaco salendo direttamente sul ponteggio o raccogliendo i calcinacci a terra e scoprendo una nuova forma di collaborazione: “Le persone intente a raschiare lo stesso muro, a respirare la stessa polvere di sabbia e calce, il sudore che colava dalla loro fronte, tutto questo stava alimentando in loro una solidarietà, un senso di appartenenza a qualcosa che ancora non capivano”. Emblematico il contrappasso: mentre tolgono una patina esteriore, vecchia e corrosa, rivelano un sottostrato dimenticato sul quale si può ricostruire qualcosa di nuovo e gradevole.
A quel punto, il terreno sociale dei condomini, fertile di solidarietà, è pronto a gestire una vicenda ‘gialla’ ben più complicata e drammatica, innescata dalla scoperta di un corpo di ragazza nel cassonetto della spazzatura. Fortunatamente non è morta. Viene riconosciuta in Svetlana, una delle condomine in subaffitto insieme alla conterranea Irina, personaggio ambiguo, incapace di essere se stessa perchè oppressa da un inserimento sociale degradante. Si scoprirà a poco a poco che Svetlana, ricattata per aver partecipazioni ad azioni contestatorie del regime, è prigioniera in una rete mirata ad un traffico di bambini per adozioni clandestine.
Le indagini vengono condotte da una coppia di carabinieri semplice e reale, classica nell’accostamento di due figure sempre amabili, quella del maresciallo attempato, poco tecnologico, onesto e razionale nella’indagine e quella dell’attendente, più giovane e moderno, scherzoso e scanzonato ma perspicace quanto il suo capo. Le interrogazioni che effettuano al personale medico cercando di ricostruire il complicato intreccio di bambini esistenti e simulati, madri autentiche e false, identità coincidenti, scambio di nomi e di persona sono complesse anch’esse. È affascinante seguirli in quel meticoloso procedere per ipotesi formulate, verificate, smentite, sequenze di fatti costruiti e rovesciati, possibilità e vicoli ciechi. Un’indagine condotta professionalmente senza pretese di effetti eclatanti, seria e concreta, che ci avvicina ai protagonisti con quel piacevole senso di familiarità che Gamberini sa comunicare attraverso i suoi romanzi.