Edward Hopper, di Sergio Rossi e Giovanni Scarduelli (Centauria)

Edward Hopper, di Sergio Rossi e Giovanni Scarduelli (Centauria)

Già sperimentata con Nikola Tesla, la collaborazione fra Sergio Rossi e Giovanni Scarduelli, con questo graphic novel della collana biografica di Centauria, ci regala un altra bella opera che sfrutta il disegno per meglio caratterizzare il personaggio protagonista. Edward Hopper, americano, “non ha avuto una vita breve e maledetta e amanti famosi alle spalle, non era alcolista o tossicodipendente (…), ha avuto una sola moglie, la pittrice Jo Nivison, che conobbe e sposò a quarant’anni (…) e vissero insieme per altri quarant’anni“. Una vita ‘normale’ da questo punto di vista, che però tale del tutto non è forse proprio per il suo esserlo troppo. Hopper fu un artista isolato, fisicamente e artisticamente: “Nei suoi quadri ha dipinto un’America che non esiste, costruendo così un territorio mitologico in cui possono muoversi uomini e donne di tutte le culture e tutte le epoche“.

Scarduelli rivela come in quest’opera abbia scelto di sperimentare, perchè in fondo solo così si cresce continuamente. Ha usato uno strumento per lui inedito, il pennello e..si è affidato all’ispirazione di Hopper stesso: “un grande artista non è solo il faro che guida, ma anche una rete di sicurezza tra il tuffo del disegnatore e il vuoto antistante“. Una bellissima immagine di umiltà e intelligenza.

La prima parte del libro si svolge in una forma originale: un fumetto che riporta un discorso diretto come cornice narrativa ad un fumetto in flashback: Edward e la moglie ricordano il loro passato, quello in cui lui era un giovane studente alla New York School of Arts.

Poi, i viaggi in Francia, che ebbero una forte influenza su di lui, sebbene non sempre positiva e serena: “Non ci sono i colori sfavillanti che ci sono da noi, tutto è modulato su un tono più delicato“. E per Hopper i colori erano tutto. “Però, quando sono tornato, tutto mi è sembrato tremendamente grossolano“. Continuava quell’esasperata ricerca di qualcosa che non trovava. Fino alla fatidica Soir Bleu, dove ha dipinto “un piccolo caffè solitario, con due o tre figure che siedono con aria indifferente ai tavolini“, ispirandosi ad una poesia di Rimbaud: 

Par les soirs bleu d’été
j’irai dans les sentiers,
picoté par les blés
fouler l’herbe menue:
rêveur, j’en sentirai
la fraîcheur à mes pieds.
Je laisserai le vent
 
baigner ma t
ête nue.

I disegni di Scarduelli sul languido e poetico testo di Sergio Rossi, ci restituiscono in modo mirabile tutti (e solo) i colori usati da Hopper, pieni di luce. La luce è ovunque, sia quando occupa completamente lo sfondo dell’illustrazione, sia quando si ritaglia un piccolo spazio in un’immagine scura. le linee nette raccolgono il colore, lo tengono insieme, intenso, definito, rassicurante, luminoso.