La sentenza, di Valerio Varesi (Frassinelli)

La sentenza, di Valerio Varesi (Frassinelli)

Un incipit magistralmente originale: articolato in tre capitoli che introducono tre protagonisti con un’apertura di sipario molto simile, suggestiva nella penombra di un carcere, sotto l’incombere dei bombardamenti, nel fremito di attese e timori, di vite sospese. E’ il maggio del 1944. 

Quella notte, “violentata dalle bombe” offre la libertà ai tre prigionieri, che partendo da luoghi diversi incrociano presto le loro strade sulle colline tra Parma e Reggio, ciascuno chiamato ad assumere un ruolo sulla scacchiera dell’ultimo anno di guerra, quando il testimone del potere sta per passare da nazifascisti ad alleati ed i partigiani, in mezzo, attendono quel cambio. Il romanzo coglie l’incertezza di un momento storico e dei singoli individui che lo hanno vissuto. Fuori, sulle colline, nella nebbia, poi nella neve, dove si perdono i contorni e le linee di demarcazione, viene meno anche la chiarezza di cosa sia e dove sia la giustizia.

Solo uno dei tre, Ilio, elevato di un gradino dagli studi universitari che lo avevano forgiato nella fede di un movimento di sovversione di ogni ingiustizia e di impegno per la costruzione di un mondo di principi nuovi, s’inserisce in quel turbato contesto sociopolitico con una certa lucidità. In ripetuti confronti con il maggiore inglese in avanscoperta sull’arrivo degli alleati, per ottenere la collaborazione delle bande partigiane della zona, quella che in Ilio è concreta determinazione più che fede ideale si contrappone al cinismo di una altrettanto concreta determinazione, quella dell’inglese, che non si attende alcuna sovversione di sistema. Ilio è il simbolo del nodo che si vorrebbe stringere fra il passato di schiavitù politica e sociale, il presente di chi ha cominciato una lotta di condizione contingente se non ancora di classe, ed il futuro indefinito, di cui quei confronti razionali ed emotivi insieme evidenziano le varie sfaccettature ed interpretazioni possibili.

Bengasi è un personaggio solo che ha deciso di lottare nella stessa direzione dei compagni ma su un’altra strada, tenersi la libertà di percorrerla secondo i propri parametri ed il proprio istinto perché per lui “riflettere era interrompere lo slancio vitale, quellossessione che rende indifferenti e impavidi di fronte a qualsiasi pericolo”. È l’unico modo per andare avanti, per lui, per non fermarsi e lasciarsi travolgere dall’insensatezza di tutto quello che sta succedendo.

Jim, toccante specchio dell’omonimo personaggio di Conrad del quale gli viene volutamente assegnato il nome di battaglia, è permeato dalla sua stessa sensazione di “estrema stanchezza delle emozioni, vanità dello sforzo” e si lascia condurre dalla corrente lenta e sotterranea dello scambio che gli è stato proposto e che ha accettato nelle prime pagine: l’integrità morale per la libertà. Spento ad ogni emozione, si sentiva “spettatore senza biglietto di uno spettacolo che non lo interessava”. Dovrà far chiarezza in sé, trovare uno scopo per la propria scelta, dare un senso alla vita per recuperare la dignità di uomo.

È un romanzo sulla Resistenza dove la politica cede il posto all’umanità: non ci sono eroi, ma individui confusi e contrastati. La società stessa in cui si calano, in un mondo a catafascio dove tutto è rimesso in gioco, è confusa e contrastata. Bengasi è fuoriuscito dal gruppo per non sottostare alle sue regole ma il gruppo stesso di partigiani, per forza, è fuoriuscito dalla comunità ed applica regole tutte sue.

Varesi ha una prosa inimitabile, qualcosa di delicatamente in equilibrio fra il classico e il moderno, ed il lettore si trova a seguirne il disegno armonioso con la piacevolezza di ascoltare una poesia o una fiaba. Non ci si rende neanche conto dell’abbondanza di figure retoriche utilizzate – metafore, similitudini, analogie, personificazioni, climax, metonimie – perché ciascuna è perfetta per quella frase, per esprimere un contorno di effetti sensitivi che va oltre le parole letterali, le arricchisce di luci, ombre, tensione, fremiti, suoni, silenzi, fruscii, colori, profumi. Rileggendo frase per frase, andando volutamente alla ricerca di queste tecniche narrative, ci si rende conto dell’impareggiabile ricchezza della lingua italiana sapientemente e pienamente utilizzata.