Il portico più lungo del mondo, di Federica Iacobelli e Teresa Soralaevich (Minerva)
Volumetto della collana Fatterelli Bolognesi che l’Editore Minerva dedica ai lettori più giovani offrendo episodi storici della nostra città in forme a loro adeguate, questo delizioso racconto di Federica Iacobelli, illustrato daTeresa Soralevich, ripercorre la costruzione del portico di San Luca, svoltasi nel corso di secoli, da un punto di vista insolito e molto efficace, quello di una lumaca. Una piccola lumaca senza guscio che sfida il tempo e lo spazio, intraprendendo un viaggio attraverso quei secoli.
Nel giugno del 1674, quando cominciarono i lavori di costruzione delle mura lungo la Strada di Saragozza, lei decide di “fare un viaggio fino in fondo a questa strada e poi lungo il pendio, per la salita. Fino al Monte della Guardia, lì vorrei arrivare. Là dove lontana lontana, isolata, tra gli alberi fitti, appare in certi giorni improvvisa una piccola chiesa“. Qualcuno le ha detto che lassù ci sono le lucciole, metafora di progetti luminosi che guidano gli uomini in percorsi costruttivi. E in questo suo viaggio osserva. Osserva dalla sua prospettiva, dal basso, nel suo cammino lento e faticoso, le varie figure umane che in qualche modo fanno un percorso costruttivo come il suo.
Dai primi, effettivi e concreti edificatori, “file di uomini e donne e bambini che si passano di mano in mano altri mattoni“, all’architetto Carlo Francesco Dotti, ideatore e costruttore dal 1705 al 1714 dell’arco del Meloncello, che le racconta come vi abbia lavorato in collaborazione con Francesco Galli Bibiena, realizzando con lui e con tutti i cittadini che prestavano la loro opera, “tutta una galleria dalla Gabelllina fino alla vetta del monte“.
Anno dopo anno, arco dopo arco da quella Via di San Luca vive episodi significativi accaduti a Bologna e incontra personaggi importanti passati per la città: il terremoto del 1779, la visita di Stendhal nel suo Grand Tour del 1812, il primo compleanno del Regno d’Italia nel 1862, la costruzione dello stadio di Bologna nel periodo fascista, le piccole orfanelle accompagnate dalle suore, i bombardamenti del 1943, i carri armati americani che salgono lungo il colle nel 1944, il fragore dell’esplosione del 2 agosto 1980 e, anno dopo anno, le processioni che si susseguono con i più diversi tipi umani: “Tra di loro c’è chi attraversa il portico addirittura in ginocchio, o a piedi scalzi. C’è chi sale veloce, senza fermarsi. C’è chi sosta per pregare a ogni cappellina. C’è chi fa su e giù due volte in un pomeriggio. C’è chi per un anno intero sale e scende tutti i giorni. C’è chi viene in gruppo e chi da solo. C’è chi cammina sempre in avanti, senza girarsi mai, e chi invece ama guardare il panorama dai fiori arcuati del muro. C’è chi viene a chiedere soldi a chi passa. C’è chi è vestito di stracci e chi di gioielli“.
Quando, infine, nel 2000, la lumaca raggiunge la sommità del colle, è notte e vede splendere le lucciole. Ha raggiunto il suo traguardo, così come la città di Bologna, nel Colle della Guardia, ha sempre al suo orizzonte, il proprio traguardo, quello di aver superato tante sfide e calamità.