La sindrome di Proust, di Lorenzo Sartori (Plesio Editore)

La sindrome di Proust, di Lorenzo Sartori (Plesio Editore)

Partendo dal principio proustiano della permanenza dei ricordi con maggior intensità e durata se rafforzati da odori, Lorenzo Sartori, giornalista di Crema, game designer, scrittore e organizzatore di eventi letterari, ha costruito un romanzo particolarmente intrigante, a cavallo tra il thriller, il giallo ed il fantascientifico distopico. 

Ambientandolo in un prossimo futuro, nel 2064, immagina una società nella quale la tecnologia digitale permette il download dei ricordi, cioè della possibilità di scaricare i ricordi di una persona come file per “salvarli”, metterli in sicurezza e preservarli dall’oblìo.

“Si sapeva che il pensiero e i ricordi sono il risultato di un mutamento del nostro DNA. Se annusiamo o tocchiamo un oggetto, il nostro cervello memorizza le informazioni ricevute e lo fa modificando un certo numero di neuroni in modo da fornirci una memoria di quell’oggetto. E i neuroni contengono DNA. È su questo che si basa poi la digitalizzazione dei ricordi”.

La trama thriller si dipana partendo da un complotto mirato allo sfruttamento di quei ricordi con un upload cioè il loro trasferimento su una persona diversa da quella che li ha generati. In questo modo si aprirebbero possibilità infinite di manipolazione di coscienze, conoscenze, identità. Se il download era una facoltà già acquisita e operativa, l’upload era ancora a livello ipotetico: a lungo studiato da Alice Grossman, Nobel per la fisica che proprio per le sue ricerche in questa direzione aveva ottenuto il prestigioso riconoscimento, sembrava essere arrivato ad un punto fermo. 

Emblematico che il protagonista, Alec Raines, memo designer, incaricato del miglioramento della definizione dei ricordi scaricati per un loro salvataggio più lucido ed efficace, sia quello meno costruito, come personaggio, dall’autore: “…paradossalmente quasi non ha un passato e vive anche in una situazione sospesa perché si è trasferito da qualche anno in un loft, in una zona periferica di Londra e la sua casa è invasa da scatoloni, il suo passato è ancora dentro quegli scatoloni e lui non lo ha ancora messo in ordine. Per lavoro mette in ordine il passato delle persone, ma il suo è ancora sigillato” spiega l’autore stesso in un’intervista.

Un giorno, Alec  viene contattato segretamente da un uomo di aspetto sgradevole e inquietante; gli si presenta come Tom e gli fa una vantaggiosa proposta: quella di mettere la propria esperienza ed il proprio talento al servizio di un progetto che intende sfruttare questa possibilità per vendere ricordi spettacolari a ricchi annoiati. Alec non ha neppure il tempo di ragionare freddamente sulla proposta dell’individuo che viene ucciso davanti ai suoi occhi. Qualcuno riteneva che sapesse troppo e che prendesse troppe iniziative. 

Da quel momento Alec viene coinvolto in un gioco molto più grande di lui di cui tirano le fila tre individui conosciuti a Londra, Moshe, Friedman e Schlonsky, un gioco incomprensibile che lo disorienta, a partire dalla scoperta che Julia, la ragazza con cui ha da alcune settimane iniziato una relazione, ha usato l’identità di un’altra persona. Chi è dunque Julia Harris? La Julia Harris che si era addirittura stabilita da lui, con la quale si era instaurato un feeling come con nessun’altra prima? Cosa vogliono da lui? Perché lo hanno attirato a New York, dove ha sede la Memory Foundation, l’unico luogo in cui sia legale scaricare i ricordi? 

Nella miglior tradizione del thriller, l’intreccio si fa sempre più stretto, il ritmo più serrato, gli eventi si rovesciano l’uno sull’altro cambiando continuamente i ruoli dei buoni e dei cattivi.

In una straordinaria sceneggiatura di spy-story fantascientifica, Sartori ha inserito dei personaggi interessanti, ciascuno con una caratterizzazione propria, ben delineata: dal brioso e scanzonato Brian, amico d’infanzia di Alec, che compare solo nella prima parte della storia, finché Alec è a Londra, a Moshe, il capo dell’agenzia di controspionaggio, colui che gioca il gioco più pericoloso e difficile, perché deve conciliare la determinazione e la freddezza che il suo ruolo richiede e che tutti si aspettano da lui con un coinvolgimento emotivo profondo e sconosciuto che non può rivelare ma che lo assilla di timori e responsabilità. 

Un messaggio di rispetto per i ricordi, per la loro paternità che ne conferisce valore, per il contesto che li ha prodotti, per la forza acquisita dalle emozioni che li hanno generati. Ma anche un dilemma antico e sempre attuale, quello della linea di confine tra l’uso lecito della scienza e della tecnologia a vantaggio universale e l’uso che ne può essere fatto, troppo spesso, per interessi personali, o addirittura per fini delittuosi: “E’ la ricerca che cambia la storia del mondo, non i politici, quelli sono sacrificabili”. Nella visione di qualcuno l’obiettivo giustifica i mezzi, anche se quei mezzi sono persone. Nella visione di qualcun altro, che ha conosciuto il valore delle persone e dei legami no.