Una strana sensazione, di Riccardo Callea
Da versi appuntati nell’istante di un’emozione, su qualsiasi supporto a portata di mano – fogli, giornali, vecchie agende e agendine tascabili – sono nate, in notti rubate al sonno, bellissime poesie che Riccardo Callea, bolognese, già padre e nonno, ha deciso di pubblicare con l’umiltà di presentarsi in quello che è stato un percorso emozionale forte, su cui hanno inciso vicende importanti: episodi di attualità, amicizie, amore, famiglia. Storie del quotidiano, storie di istanti che Riccardo ha vissuto con tale intensità da sentire il bisogno di estrinsecare su carta l’impatto emozionale subìto. Per fermare nel tempo momenti di gioia impagabile, per rendere omaggio a persone speciali, per dare un contorno a passioni travolgenti, l’amore prima di tutto, ma anche la delusione, lo strazio di eventi drammatici; in generale, per vedere quello che sentiva, per capirlo, per condividerlo, per donarlo.
Dalla poesia che apre la raccolta, An odd thrill, che esprime quest’ansia di verbalizzare qualcosa che è come uno strappo violento interiore, alla riflessione placida sulla profondità del proprio sentimento di Mylai, una bellissima dichiarazione d’amore:
Di una creatura come te si può parlare all’infinito,
si possono versare fiumi d’inchiostro
per dipingere quel tuo volto
di donna che abbatte cancelli notturni
contese profane.
Vale la pena alzarsi al mattino
e raggiungere quel sorriso
che è solo tuo:
un riflesso di luna sostanziato
Raramente ho parlato di voi è una delle poesie dedicate alle figlie (come tutta la raccolta, peraltro, per la cui pubblicazione l’autore deve molto a loro, all’affiancamento di una nella preparazione del progetto e nella convinzione a realizzarlo, e al dono del disegno di copertina dell’altra). La poesia è molto bella: leggiadra e scherzosa nella prima parte, profonda e devota nella seconda:
Vi porto addosso
Come l’orologio e gli occhiali
E ancora di più
Vi porto dentro
Come l’aria che respiro (…)
Mi basta seguire l’incedere sereno
Dei vostri passi
Respirare l’intelligenza
Dei vostri occhi
Assaporare come una dolce susina
La freschezza
Delle vostre esistenze.
Poi ci sono eventi drammatici, sismi emotivi che l’autore ha cercato di domare con la penna.
Ora o mai più è per le vittime della scuola Salvemini di Casalecchio di Reno, sulla quale il 6 dicembre 1990 cadde un aereo. L’autore conosceva una di loro ed a lei, per tutte le altre vittime, dedica una poesia straziante.
(…) esiste nel mondo -e
verrà quel giorno karma
allora maledetto- istoriata
d’esempi in conflitto perenne
indignazione
ora o mai più togli le mani dalla bocca
e urla Deborah
Bluff & Bluff è per le vittime del 2 agosto 1980, la strage alla stazione di Bologna. E’ un bastone su cui l’autore deve appoggiarsi per non crollare.
(..) bluff e bluff cultura e libertà
bluff e bluff
cultura e cade l’innocenza
di un mite pensiero
Oh musa non docile Musa biancheggi di calce viva
l’aurora del due
di agosto (…)
Mi hanno chiesto tre minuti di silenzio, è un omaggio alle vittime dall’11 settembre 2001, ma si dilata fino per comprendere tante altre vittime, cadute in conflitti politici o sociali, nelle quali l’autore vede solo degli esseri umani.
Mi hanno chiesto tre minuti di silenzio
pietà per i tremila delle Twin Towers, sì
Ma perché ricordare solo questo orrore?
11 settembre 1973
trentamila assassinati in un sol giorno a Santiago del Cile
col beneplacito della United Fruit
Ma erano pericolosi sovversivi (…)
1980-1990
trecentomila e forse più vittime della ferocia dei Contras
addestrati a Fort Benning
Ma erano contadini riottosi a cedere la loro terra erano
Gesuiti che amavano i poveri affamati dei pueblos del Centramerica
1999 a Grozny
i carri armati dello zar di Mosca radono al suolo la città
stupri e torture continuano in Cecnia
Ma la Russia ci è amica, scalda le nostre case.
E l’elenco continua
Ma allora perchè non devo ricordare tutti gli altri innocenti?
Ma gli altri li uccidiamo noi…
Tracce di vissuto, versi che rivelano genuinità, riflessione, ricerca espressiva. E’ una delle prerogative della poesia, quella di miscelare le parole della lingua, scavalcare i confini semantici e riuscire a condensare universi di pensieri e sentimenti in espressioni lineari. E come se non bastassero le parole della lingua italiana, Callea ricorre a volte al francese, all’inglese, allo spagnolo, al tedesco, in un’ossessiva ricerca di quelle che possano aiutarlo ad esprimere la sensazione esatta provata.