Il cacciatore di anime, di Romano De Marco (Piemme)
Da un maestro del thriller italiano, più volte vincitore del Premio Scerbanenco dei Lettori, un romanzo che avvolge la suspense e la crudità del genere in un abbraccio di sentita ammirazione per un piccolo paese della Toscana, Peccioli, da cui l’autore Romano De Marco è stato conquistato e nel quale ha deciso di ambientare il suo libro: il luogo umano, in particolare, lo ha colpito, la gente entusiasta con tanta voglia di fare cultura.
Due linee temporali si alternano sulla scena, quella di oggi e quella di ventitré anni fa.
Il Prologo, breve, intenso, drammatico, conclusione di una caccia spietata ad un serial killer, diventa l’inizio di un’altra.
Il secondo capitolo, ambientato nel presente, avvia la storia in un contesto del tutto diverso, portandoci a Peccioli, nella campagna seminata a betulle, “una scacchiera di boschi artificiali che sembrava uscita da una schermata di Minecraft” dove il protagonista, Mauro Rambaldi, capitano dell’Arma dei Carabinieri, viene comandato dal Pubblico Ministero di Pisa, Gaspare Brogi per risolvere un caso la natura insolitamente sinistra del quale richiedeva un vero specialista: “era il momento di iniziare una nuova partita. L’avversario, come sempre, era la morte”.
I particolari inquietanti cui gli aveva accennato Brogi al telefono sono effettivamente tali: Mauro se ne rende conto appena arrivato sul luogo del delitto: il museo della Fondazione, dove dalla teca in cui era esposta una sepoltura femminile del 1300 rivenuta nel 2014 nella chiesa di Santa Mustiola a Ghizzano, è stata composta la vittima, la giovane Roberta Savio, elegante, in una posa che era stata quella dell’antica fanciulla, nei minimi dettagli, completa del corredo ornamentale. Un assassinio incomprensibile per il carattere mite, solitario e introverso della vittima.
Due presenze accompagnano Rambaldi fin dalla prima sera, due strani personaggi sorpresi nel bar che lo fissano con uno sguardo intento, acuto, eloquente. Uno sguardo che trafigge e, inconsapevolmente, sfida. Il primo è quello di Saverio Marra, motocentauro delle mitiche Harley Davidson, che va e viene dal paese, senza che nessuno si chieda perché. L’altro sguardo è quello di un uomo che il capitano conosce bene per essere stato il suo mito professionale: in lui ha riconosciuto infatti Angelo Crespi, Il cacciatore di anime, colui che aveva catturato più di un serial killer fino all’ultimo, il più terribile, la cosiddetta Bestia della Val Seriana che era stato l’apice e l’abisso della sua carriera.
Mauro si muove nel paese, sentendosi da subito catturare da quell’atmosfera, dalla semplicità, dall’ingenuo disorientamento di fronte a quell’omicidio inspiegabile, ma anche dalla forza e resilienza della sua gente, dalla volontà di fronteggiare i problemi insieme, dalla fiducia reciproca, la voglia di credere comunque e sempre, l’uno nell’altro.
Il brivido è il leitmotiv dell’intreccio. Non solo mistero: soprattutto suspense, oscuri presentimenti, fremito emozionale continuo, esplosioni di pathos. C’è tutto. E di più.
C’è il passato che freme nel ricordo di alcuni personaggi che sentono di doverci fare i conti ogni giorno.
C’è l’amore, L’attrazione profonda e nuova che unisce il protagonista alla giovane dottoressa Daria Del Colle chiamata dalla direttrice della Fondazione come consulente in merito a Isadora, sperando che possa fornire qualche dettaglio utile a guidare le indagine che all’inizio sono impaludate. Un sentimento che si fa strada in loro discretamente, con grande umiltà reciproca.
C’è il tranquillo “modo di passare le serate insieme” del PM Brogi e la moglie, lui al lavoro nello studio, lei alla tv con la sua tisana, “separati ma vicini, protetti dalla routine delle loro abitudini”.
Ma c’è anche lo scompenso psicologico del lettore che viene volutamente dirottato da un sospetto all’altro. Non si tratta di semplici ‘colpi di scena’, seppure ci siano anche quelli, bensì di segni lievi, indefiniti di stranezze, contraddizioni, cose da nascondere: colpe antiche, colpe recenti, sotterfugi, non detti, tradimenti. Un senso di ingiustizia profondamente umana, quella del travolgimento della fiducia. Un’ingiustizia contro la quale l’impegno della stazione dei Carabinieri di Peccioli è commovente. L’autore li presenta tutti nelle primissime pagine, per rendere omaggio all’onesta e riservata devozione che manifesteranno nel corso dell’indagine. Un team a sua disposizione sul quale sa di poter riversare completa fiducia.
E a Peccioli, che “più che un luogo fisico, un luogo dell’anima”, lo stesso protagonista cercherà di chiudere anche il cerchio di una parte della propria vita, quella senza confini e senza certezze, nella quale il ricordo del padre, grande figura dell’Arma dei Carabinieri, agiva su di lui come un mito palpitante, condizionante, ma irraggiungibile.