La magia del faro, di Susy Zappa (Il Frangente)

La magia del faro, di Susy Zappa (Il Frangente)

Al suo terzo libro, Susy Zappa da sempre attratta per le più varie forme d’arte, ma particolarmente affascinata dai fari bretoni e dalla cultura storica ed etnografica di quella terra, vi riporta il diario della sua esperienza in solitaria, come definisce lei stessa la sua permanenza di due settimane nell’isola di Wrac’h sulla costa dei Pays des Abers. Quel diario, col titolo Susy, il silenzio del faro, rappresenta però solo la seconda parte del libro, perché la prima, Agathe, il naufragio di una notte, è un racconto di fantasia originato da un sogno e incentrato sulla figura di una giovane alsaziana ebrea, Agathe, cameriera in un bistrot di Parigi durante la Seconda guerra mondiale.

Le due parti si incastrano su un perno ben preciso: l’attrazione per la Bretagna, per il mare, il faro, il ritiro in se stesse, come se la giovane immaginata dall’autrice fosse una parte di sé sospesa tra reale e potenziale frutto di un legame ancestrale con quella terra: “M’immergo nello spirito bretone, un rapporto con la vita differente da quello che la società del troppo ci impone, un cambiamento cui non tutti sono interessati perché oramai inestricabilmente legati alla filosofia dell’avere piuttosto che dell’essere, come se lo sfoggio di beni materiali comportasse di per sé un maggior rispetto sociale”.

Nel ’44, in piena occupazione tedesca, spaventata dalle voci che circolano sui rastrellamenti, decide di non voler più sfidare la sorte e si reca all’aeroporto per abbandonare la Francia. Durante il volo, però, l’aereo viene danneggiato e precipita. Da quel momento, in due pagine ai confini del fantasy, l’autrice descrive il naufragio di Agathe, la sua caduta in mare, il senso di affondamento, poi di recupero, poi di abbandono. Sono pagine quasi mistiche con le quali si crea l’ambientazione dell’esperienza in solitaria di Agathe, una sorta di anticipazione vagheggiata di quella che poi l’autrice stessa avrebbe fatto. Nell’isola in cui si risveglia, Agathe è soccorsa da una famiglia, che l’accoglie e la rinfranca. Tuttavia, non è con loro che rimane perché il faro che si protende sul lembo di terra di fronte all’isola agisce su di lei con un’attrazione potente, irrazionale, incontrastabile. E la giovane vi si trasferisce. 

Con la storia di Agathe nel cuore, Susy si appresta a compiere la stessa esperienza. È come se quella compagna frutto delle sue suggestioni, la rassicurasse per avere, prima di lei, sperimentato la solitudine,  e, come lei, sentito l’attrazione irresistibile del mare, il fascino dei fari, della loro immota fermezza. Ma la storia di Susy è vera. Assolutamente. Dal 15 al 30 maggio del 2018, l’autrice ha vissuto nel faro di Wrac’h, nella casa del guardiano, con tutte le difficoltà di una quotidianità priva di qualsiasi confort moderno. Gli ultimi guardiani del faro lo hanno lasciato nel 1993 e, dopo un lungo periodo di abbandono, è stato finalmente preso in carico dall’IPPA e restaurato come residenza per artisti. L’isola non è chiusa, i turisti vi arrivano ma il faro non è visitabile. Susy ottiene un permesso straordinario. È il coronamento di un sogno: immergersi in un ambiente che finora aveva conosciuto solo da turista e da studiosa: “Spesso, nel corso dell’esistenza, i sogni semplicemente svaniscono, ma qualche volta nello spazio e nel tempo di un sogno è racchiuso il passato, e il futuro in attesa di essere risvegliato”.

Un’esperienza straordinaria dalle indelebili impressioni riportate, nel pieno rispetto di quella che è “la regola di qualsiasi viaggio, tornare diversi da quando si è partiti”. Con semplicità si presta ad affrontare le privazioni di un bagno, dell’acqua corrente, della doccia calda, di orari fissi. E le pesano queste rinunce, lo dice ogni giorno. Ma non sono nulla in confronto a quello che guadagna. Il mare visto dal faro, il vento sempre forte, e spesso impetuoso, il profumo della salsedine, delle alghe, inebriante, i rumori della notte, la sensazione di una solitudine piena, di un silenzio fragoroso, i colori dell’aurora, dell’alba, del tramonto e del crepuscolo. E ancora la gente del luogo, la coppia dell’épicerie nella quale si reca periodicamente per le piccole spese, i raccoglitori di alghe (“brune, verdi, rosse, lunghe qualche metro o disposte a grappolo, la Bretagna conta più di ottocento tipi di alghe” e gli allevatori di ostriche, mestieri antichi che hanno attraversato i secoli adattandosi alle diverse richieste del mercato, i turisti, più o meno cortesi e discreti, la coppia di cugine ritrovate, dalle quali scopre di aver avuto dei parenti emigrati in Bretagna diverse generazioni prima.

E, in fondo, più inestinguibile di tutto, quel senso di riappropriazione di qualcosa che il nostro vivere di oggi ci nasconde nella frenesia della vita quotidiana, il vivere con lentezza: “Qualche volta tutti noi dovremmo naufragare su un’isola deserta per dipanare il groviglio di pensieri che affollano la mente”. Quante volte diciamo “Non ho tempo” alla richiesta di qualcuno o anche solo ad un nostro desiderio. Ed invece, come Susy ha compreso benissimo nel faro, “non è vero che non ne abbiamo, piuttosto ne sprechiamo troppo”. E la solitudine non lo è in senso assoluto, non solo per le visite che riceve e le gite che fa, ma soprattutto perché, nel faro stesso, nella notte, nei giorni di nebbia che chiudono ogni dimensione di spazio, a Susy sembra sempre di avvertire strane presenze, come fantasmi dei guardiani vissuti nel faro. E ciò che la stupisce e stupisce noi lettori è la tentazione a crederci davvero, a non sottovalutare quelle percezioni né i suggestivi miti che aleggiano ancora su quelle isole dove mare e terra danzano nei passi della marea che, come suprema divinità custodisce i passaggi determinando lei quando è possibile traghettare fra isole e continente e quando no; quanto si può restare e quanto in fretta si deve attraversare l’estran. Sono i ritmi del mare, del vento e della luna a regolare ancora la vita degli abitanti di quelle isole: “Uno spettacolo di attrazione fatale tra luna e terra che, lentamente si attirano e si respingono, rilasciando colori, odori e vibrazioni di luce: non posso fare a meno di toccare, vedere, ascoltare e tuffarmi nel cuore di questa mutevole natura”.