Dopo la pioggia, di Antonio Rapacciuolo (Paolo Emilio Persiani)
“Questo romanzo è tale perché un giorno di alcuni anni fa ho visitato il campo di Fossoli e vi ho comprato il diario di Gasparotto. È una storia che tutti dovrebbero conoscere” e così Antonio Rapacciuolo, nato a Vico Equense e trasferitosi a Bologna nel 2008, ingegnere con la passione per la lettura, ha provato a scriverla, costruendo un romanzo che ondeggia su due linee narrative: 1943-44 e 2016. Due generazioni lontane si ritrovano unite da alcune poesie d’amore. Negli anni ’40, Luca Righi, bolognese di Crespellano, pur essendo completamente estraneo a qualsiasi coinvolgimento ideologico nel conflitto, si ritrova catturato dai fascisti che stanno rastrellando la zona e, dopo essere stato torturato invano (non tanto per eroismo quanto per sua reale inconsapevolezza – sebbene possa essere considerata eroica anche la fermezza e la coerenza di non denunciare a casaccio pur di essere lasciato in pace), viene internato nel campo di concentramento di Fossoli. E lì getta il seme destinato a far fiorire amori e rapporti lontani nello spazio e nel tempo.
Prima di tutto il proprio di amore, perchè tra lui e Silvia, figlia dei suoi vicini di campagna, nasce fin da piccoli un sentimento di amicizia profonda che, con l’adolescenza, diventa qualcosa di forte e profondo, tanto che il giovane, sulla scia della sua doppia passione per la ragazza e per i libri, le promette che le scriverà delle poesie. Certo, le aveva anticipato che forse ci sarebbe voluto molto tempo, ma Silvia aveva promesso che le avrebbe aspettate per tutto il tempo necessario. E così farà.
Oltre che del primo amore, sono anche gli anni dell’amicizia con Pietro, di famiglia fascista. Come avrebbe potuto, Luca, segnare dei confini ai propri sentimenti sulla base di idee politiche? Avrebbe dovuto rinunciare o all’amore o all’amicizia. E non aveva voluto. Per carattere e per scelta, rimane fuori da ogni coinvolgimento. Questo non lo salverà dal dolore e dalla sofferenza fisica però lo salverà dall’amarezza di una rinuncia obbligata, dalla macchia di un bieco tradimento. Macchia dalla quale invece non riuscirà mai più a liberare la propria coscienza Pietro. Il quale, pur non avendo per primo denunciato l’amico o i suoi familiari e amici, non farà nulla per impedire la rappresaglia.
Nel campo di concentramento di Fossoli Luca conosce Poldo Gasparotto e Odoardo Focherini che lo porteranno a maturare una propria idea di onestà morale e responsabilità.
I due si danno convegno a Bologna, perché è da lì che devono iniziare le ricerche. E a Bologna Paolo ha un grande amico, Max, e un’amica speciale, Giulia, con la quale non è mai riuscito a far partire quel rapporto sentimentale che sente covare dentro di sé da sempre. È l’eco di antichi rapporti: l’amicizia di Luca e Pietro si riflette nell’amicizia di Paolo e Max che però, rispetto a loro, imbrigliati dalle ideologie politiche, sono più fortunati perché liberi di essere se stessi, nelle loro differenze di carattere e personalità. La stessa libertà l’avranno Giulia e Franz, di trovarsi in sintonia fisica per una notte, senza l’obbligo morale di legarsi per forza, una libertà che è delicata e dolce, perché compresa da entrambi e soprattutto da Paolo. È anche questa un’importante manifestazione di autonomia di pensiero e di comportamento che non è leggerezza ma costruzione di una prospettiva di giudizio ed una più chiara conoscenza di sé.
Parallela alla storia passata di Luca, Silvia e Pietro, si svolge la storia attuale, di Paolo, narratore interno in prima persona, Max, Giulia e Franz, un amico tedesco conosciuto durante una vacanza in Grecia. E’ Franz a far scattare una molla narrativa intrigante, quella della ricerca di una misteriosa Silvia, alla quale deve consegnare delle poesie d’amore scritte per lei ma in possesso del proprio nonno. Da Bologna, dove si sono dati appuntamento, a Crespellano, dove avevano abitato i Molinari, poi a Udine e Levanto, i giovani seguono il filo di Arianna di quelle poesie in un percorso che è di viaggio e, per Paolo, di consapevolezza e maturazione.
Le due storie, lontane nel tempo, sono raccontate contemporaneamente, lungo due binari temporali che si alternano di capitolo in capitolo.
Dall’idea di libertà attesa e sognata che il protagonista aveva condiviso con Gasparotto, che gli aveva insegnato a non perdere le speranze e non rinunciare ai sogni perchè possono essere delle fondamenta solide anche se nascoste, sulle quali costruire per sé e per altri, l’autore ha costruito non una storia, ma delle storie. Storie di giovani che, al di là del contesto storico, politico e sociale, che comunque condiziona nel bene o nel male le loro vite, possono costruire delle relazioni sane. Emblematico quel ‘noi’ che Luca teme che non possa mai vincere. Teme che sia incompatibile con la razionale prevalenza di una parte o di un’altra. Ma le loro storie dimostreranno che non sarà così. Che un ‘noi’ può esistere al di là della separazione ideologica del conflitto civile, se ci si aggrappa ai propri sentimenti e, soprattutto, alla fiducia reciproca capace di portare al di là della vergogna, dell’odio e della paura.
C’è un sommesso invito a non abbandonare le vecchie generazioni, a non dimenticarsi di loro, perché sono la nostra memoria e la base della nostra conoscenza. È sulle loro fondamenta che oggi costruiamo i nostri palazzi: “Mi chiedo cosa accadrà quando tutti loro non ci saranno più e noi resteremo privi di ogni ricordo. Sarà come se sapessimo ancora che il fuoco brucia ma nessuno di noi ci avesse mai messo la mano. I ricordi di questi uomini sono gli anticorpi che tutelano la nostra libertà e la nostra democrazia. Dovremmo cercare di ascoltarli un po’ di più, perché loro il nostro futuro potrebbero averlo già visto”.