La lettera Aleph e l’antico manoscritto esseno, di Susanna Preti (EDDA)
Susanna Preti, bolognese, diplomata in chimica, con studi successivi di Arte, Arte-Terapia e Counselling, ispirata da un sogno che le ha lasciato, al mattino, il tema di una strana suggestiva storia, esordisce con un romanzo complesso, già ben strutturato e approfondito.
Da distopico per ambientazione temporale (2050), introspettivo per il percorso di formazione che i due protagonisti compiono, il romanzo a poco a poco si arricchisce di incognite da giallo, di atmosfere ambientali esotiche e suggestioni tra il mistico, il fantasy e l’esoterico. Ricchissima la materia e trattata con grande precisione e cura.
I due protagonisti, Aleph ed Helen, provengono entrambi da un passato familiare difficile. Aleph è cresciuto a Bologna con la madre, vivace e presente, figura di appoggio e comprensione. Ciononostante, per carattere, è sempre stato insicuro e chiuso nel suo mondo: “Poteva continuare a giocare per ore e ore: fuggire nel mondo virtuale era l’unico modo per sentirsi meno solo, per sfuggire alla frustrazione che provava nella realtà. Qui poteva confrontarsi con altri ragazzi con la sua stessa passione e forse con il suo stesso disagio. Un disagio diffuso nella popolazione, dove il contatto umano si era completamente perduto, sostituito dalla tecnologia virtuale” (una visione distopica che la pandemia da Covid 19 ha improvvisamente attualizzato). Helen pur provenendo da esperienze di vita diverse – si era praticamente dovuta occupare fin da bambina della madre caduta in depressione dopo che il marito, a pochi anni dal matrimonio, l’aveva lasciata per un’altra donna – ha sviluppato, a causa delle responsabilità e preoccupazioni che ha dovuto affrontare troppo presto, una personalità schiva e distaccata come quella di Aleph.
I due giovani si incontrano a Milano dove Aleph si è trasferito per frequentare l’Università. Nick, suo compagno di appartamento, lo introduce in un gruppo di amici che studiano le interconnessioni tra fisica quantistica e neuroscienze, nell’ambito del quale conosce Helen. Fra loro sboccia da subito un’intesa speciale che, pur restando a lungo all’interno dei confini dell’amicizia, li mette in piena sintonia. Fino a quando un episodio singolare apre loro una nuova strada da percorrere insieme.
Uno strano, vecchio mendicante, dopo aver ricevuto poche monete in dono da Aleph, gli afferra la mano, stringendogliela in modo fulmineo e bruciante, per un tempo che nella percezione del ragazzo si dilata in una strana, mistica visione: “pagine ingiallite, pergamene antiche, tavole di pietra incise da simboli sconosciuti e lettere ebraiche”. Poi il vecchio scompare. Giunto a casa, per quanto si lavi energicamente, Aleph però non sente passare quel bruciore ed anzi, a poco a poco vede apparire sulla pelle strani segni.
È il professor Silani, al quale lo indirizza Helen, a svelargli che quel simbolo rappresenta la prima lettera dell’alfabeto ebraico, il cui nome è aleph. Non solo, aggiunge che quel vecchio mendicante, di origine ebrea, era molto conosciuto in città e soprannominato Il Profeta, per via di visioni premonitrici che condivideva. Ma… era morto alcuni anni prima. Questo sconcerta del tutto il ragazzo. Ma il professore gli consiglia di seguire quel sentiero che, aperto dalla madre vent’anni prima quando aveva deciso di dargli quel nome, si arricchiva delle tracce impresse dal vecchio, con quella sorte di incontro medianico: “Se te l’hanno dato, c’è una ragione. È in gioco la missione della tua anima in questa esistenza. Non dare nulla per scontato, le coincidenze non esistono e tutto avviene per uno scopo. Se lo accetti la strada che sei destinato a percorrere si aprirà senza intoppi, e troverai la gioia di essere ciò che sei”.
Da quel momento la storia che già si era spostata da Bologna a Milano, si trasferisce in Medio Oriente. Helen rivela ad Aleph le sue origini ebraiche e la sua impazienza ed emozione di poter ritornare nel suo paese, dove aveva lasciato una nonna alla quale era profondamente affezionata, con la scusa di accompagnarlo.
Comincia così per loro un lungo viaggio alla soluzione di un mistero, alla conoscenza di nuove culture, nuovi approcci mistici e alla scoperta della profondità del loro essere. Qualcosa in più rispetto alla mera conoscenza di sé. Sia Aleph che Helen per la sensibilità e l’esperienza familiare pregressa hanno già avuto occasione e capacità di interrogarsi e compiere un percorso interiore. Ma insieme, in un’ambientazione remota nello spazio, nel tempo, nella cultura, compiono passi ulteriori, inimmaginabili, nell’alveo di antichi saperi tramandati dal popolo esseno al popolo ebraico millenni prima. Saperi che rappresentano una minaccia alle aspirazioni di controllo e dominio di qualcuno, le cui trame attraversano il romanzo dandogli inquietanti sfumature da spy-story.
I cenni storici, le descrizioni dei paesaggi mozzafiato del Medio Oriente, i riferimenti culturali arricchiscono questo romanzo dandogli un respiro più ampio dell’intreccio giallo-distopico-fantasy. E non solo: c’è ancora di più. C’è la passione per la conoscenza nelle sue varie declinazioni, un’attrazione profonda per saperi antichi capaci di misurarsi con le tecnologie più moderne in una commistione di passato e futuro fertile di conoscenze ancora più grandi e più inimmaginabili. Anzi, proprio la combinazione delle due visioni dà la garanzia di equità e giustizia. È forse il messaggio più forte che l’autrice affida a questo testo: dal fulcro della cabalah, concetto filosofico religioso universale, non del solo dell’Ebraismo, si dipanano interrogativi e risposte che a loro volta riaccendono altri interrogativi e altre risposte a quello che è sempre stato il dubbio più insondabile dell’uomo: come uomo e natura si compenetrino e quali dinamiche siano fra loro interagenti. L’autrice riesce così felicemente nell’ardua impresa di affidare alla trama di un romanzo il fascino di teorie filosofico-scientifiche che ne arricchiscono il contesto di suggestioni e atmosfere.