L’uomo a rovescio, di Fred Vargas (Einaudi)

L’uomo a rovescio, di Fred Vargas (Einaudi)

La scrittrice Fred Vargas è specializzata nel genere poliziesco in cui si caratterizza per lo stile preciso, analitico e incisivo presente anche in questo suo ennesimo romanzo, “L’uomo a rovescio”, titolo bellissimo che dà luce a una storia ben poco luminosa. Agli avvenimenti narrati fa da cornice un pezzetto di Francia, il dipartimento delle Alpi Marittime dove si trova il massiccio del Mercantour, zona impervia e selvaggia abitata da uomini e donne altrettanto selvatici, oltre che da lupi. E questa è proprio una storia di lupi, forse lupi assassini che sgozzano dapprima greggi di pecore e poi scelgono vittime umane da dilaniare con i loro morsi micidiali, ma potrebbe anche trattarsi di un unico, leggendario e mostruoso lupo che abita la zona del massiccio oppure di un lupo mannaro, quello legato alle antiche superstizioni popolari, il più terribile di tutti. Lupi con occhi gialli che “di notte sono come tizzoni.Dentro questo territorio di belve e di sangue si muovono disordinatamente una serie di personaggi unici e più o meno imprevedibili…

C’è il commissario Jean-Baptiste Adamsberg del distretto di polizia del XIII arrondissement parigino. E’ un tipo flemmatico, lento nei movimenti e nelle parole, perennemente perso nei suoi non ragionamenti. Investigatore poco convenzionale, segue piste personalissime che poggiano su intuito, sensibilità ed empatia, per questo viene classificato come “spalatore di nuvole”. Lavora senza un vero e proprio metodo d’indagine ma è molto considerato in ambito poliziesco e venerato dai collaboratori perché, pur indagando in modo atipico, “sa il fatto suo” e riesce a risolvere brillantemente i casi più disparati e disperati. Come questo.

C’è Camille Forrestier, ex-fidanzata del commissario Jean-Baptiste Adamsberg, ragazza bella ed eterea, dotata di un’allure e di una grazia non comune, sfuggente quanto basta ma dedita ai sentimenti oltre che all’idraulica e alla musica. Aggiusta infatti tubature e impianti idraulici e contemporaneamente compone colonne sonore; con le sue cuffie in testa riesce a concentrarsi anche nei luoghi e nelle situazioni più improbabili. Ha un caschetto nero che la rende simile a Cleopatra ed è in fuga da un amore infelice e dai tanti ricordi. Il suo amore infelice, guarda caso, è proprio il commissario Adamsberg.

C’è Lawrence Donald Johnstone, attuale fidanzato di Camille, un prestante ragazzo canadese, bello, biondo e aitante che è giunto nella zona del Mercantour per lavoro; da sei mesi si muove tra le cime dei monti, habitat ideale per realizzare un reportage filmando i lupi, i lupi europei dal “misero manto grigio”. Terminato il documentario sa che tornerà in Canada per continuare a osservare, annotare e approfondire i comportamenti dei grizzly canadesi perlustrando le immense riserve che già ha battuto per quindici anni. Esplorando tra i massicci francesi ha individuato vari lupi che si aggirano tra rocce e sentieri e si è molto affezionato ad alcuni, conosce le loro abitudini, e ha dato a ciascuno un nome: Marcus, Sibellius, Augustus, Crassus…

C’è Soliman, un giovane africano abbandonato da piccolissimo e adottato dalla signora Suzanne “una donna grande e grossa … dai modi bruschi e addirittura virili”, proprietaria di bestiame in una località che si chiama Le Frazioni. Sarà lei la prima vittima del lupo. Attaccatissimo alla madre, Soliman è deciso a trovare chi l’ha assassinata e con grande ostinazione persegue questo obiettivo mettendosi sulle tracce della belva del Mercantour percorrendo i suoi stessi itinerari omicidi con due tosti compagni di viaggio. II ragazzino racconta volentieri improbabili e fantastiche storie della sua terra d’origine e conosce tutto il vocabolario; all’occorrenza gli piace snocciolare a memoria le definizioni delle parole.

E infine c’è il Guarda, “un vecchio maestoso”, taciturno pastore dai capelli bianchi, uomo tutto d’un pezzo, colto quanto basta, ancorato a principi ancestrali. Sempre impettito e con la riflessione pronta, è fornito di un bastone su cui si appoggia con i pugni e che utilizza, quando è necessario, per richiamare all’ordine l’irrequieto Soliman, sempre pronunciando la parola “rispetto”. Chiamato Guarda perché Guardiano delle pecore, è abituato a condividere la sua vita con loro, giorno dopo giorno, notte dopo notte. Lavora negli ovili della signora Suzanne, da sempre è il fedele guardiano delle sue greggi e, pur nel suo ruvido affetto, le era affezionatissimo.

Una tragedia dunque incombe su questi personaggi: l’assassinio di Suzanne, la proprietaria del gregge delle Frazioni, donna altera e scostante per i più ma venerata dal figlio Soliman e considerata come una Madonna dal Guarda. Al primo delitto ne fanno seguito altri mettendo in moto sentimenti di vendetta sempre più accesi lungo un percorso di sangue in cui Soliman e il Guarda si muovono per rintracciare l’assassino, certamente autore anche di tutti gli omicidi che si susseguono incalzanti nella zona.

Insieme mettono a punto la spedizione “ricerca e vendetta” per fare giustizia e così percorrono le impervie strade del Mercantour coinvolgendo l’orgogliosa Camille, per l’occasione messa alla guida di un fatiscente carro bestiame che fungerà da ricovero di notte e durante le soste. Lungo la trasferta i tre troveranno un alleato distratto, indolente e distaccato ma capace di arrivare alla soluzione del caso: il commissario Adamsberg.

La Vargas in questo suo ennesimo romanzo mescola le carte e mescola i personaggi costruendo un impianto narrativo circoscritto simile alla rete di una ragnatela all’interno della quale lavorano, amano, cadono, si rialzano, muoiono e indagano piccole e grandi figure di un’umanità che racchiude misteri e segreti, antichi odi e antichi amori. La scrittura è ricca di dialoghi brevi e asciutti che non vanno letti superficialmente ma vanno trattenuti perchè giorno dopo giorno e traccia dopo traccia si accosteranno come piccole tessere di un mosaico a ricomporre il disegno delle azioni delittuose che si susseguono con ritmo frenetico e vorticoso. C’è molta attenzione ai dettagli e in modo asciutto si procede nell’evolversi dei fatti entrando nel vissuto delle persone coinvolte, sempre con lo stile sintetico e conciso della Vargas che talora si fa laconico e scarno tant’è che può rendersi necessario un ripasso, una rilettura per comprendere alcuni enunciati, alcune situazioni. Del resto questa è la cifra della scrittrice francese le cui pagine sono state tradotte in ben ventidue lingue, conferendole un successo internazionale. Come sempre, anche in questo come in altri suoi romanzi, al lettore sarà difficile scoprire il finale della storia, tanto avvincente quanto impensabile e intrigante. Ci si arriverà viaggiando parallelamente ai tre passeggeri del camion e soprattutto incontrando il commissario Adamsberg sempre “spalatore di nuvole”, sempre intercettatore di killer.