I demoni di Berlino, di Fabiano Massimi (Longanesi)

I demoni di Berlino, di Fabiano Massimi (Longanesi)

Seguito di “L’angelo di Monaco”, cui l’autore ha saputo trovare un titolo splendidamente adeguato, “I demoni di Berlino”, il secondo romanzo del ciclo storico di Fabiano Massimi, bibliotecario a Modena, traduttore e consulente editoriale, si concentra sui giorni che precedono l’incendio del Reichstag. L’ambientazione è inizialmente Monaco, dove si era chiuso il primo libro, ma si sposta immediatamente a Berlino concentrandosi su una capitale già splendida allora, ma in tensione per la sensazione di immanente pericolo. Alla vigilia delle elezioni, Hitler non era ritenuto da nessuno (forse nemmeno da lui stesso), potabile cancelliere, perchè non aveva la popolarità sufficiente ed anzi dava già avvisaglie di un atteggiamento intransigente e dispotico. Nel clima politico già incerto, si inseriscono forti tensioni sociali, nei confronti delle quali la polizia prende severi provvedimenti.

La trama si sviluppa dal finale de “L’Angelo di Monaco”: è infatti per andare in soccorso di Rosa che lo ha lasciato per la sua inedia, mentre lei fremeva per agire nei movimenti contestatori socialisti, che Siegfried Sauer, il poliziotto protagonista del primo libro, figura storica reale delle indagini sulla morte di Geli Raubal, lascia Monaco e si reca a Berlino. Là ha anche la remota speranza di ritrovare, sempreché sia ancora vivo, Bernie, suo compagno di trincea, nella Prima Guerra, per due anni, quasi un fratello.

Giunto a Berlino, viene accompagnato da Julian, l’ambiguo ispettore che lo era venuto a cercare a Monaco allo scopo di metterlo sulle tracce di Rosa, alla locanda di Frau Linke, vedova di un comunista che, in memoria del marito, si era votata completamente al supporto ai compagni, offrendo alla causa un rifugio sicuro; gli viene subito affiancata una squadra di polizia fidata, formata dal giovane riservato sergente Mann e da Johanna Tegel, personaggio storico di grande spessore, una donna che sfidò l’ambiente benpensante del tempo che guardava con scherno una ragazza poliziotta. Eppure lei voleva diventare il miglior poliziotto della Germania, n.b. il miglior poliziotto, non il miglior poliziotto donna.

Non un mistero ma tanti, forse intrecciati fra loro, forse indipendenti, che avviluppano Sauer trascinandolo in una caccia che è nello stesso tempo fuga sulle tracce di un amore che, pur nel disincanto della sua fine, continuava a bruciargli e scuoterlo nell’anima come un magma ribollente.

Con gli agenti fidati, Sauer si ritrova su una pista sconcertante, che gli sembra da un lato inaccettabile e dall’altro verosimile per la donna che ha conosciuto e amato, una pista che, dalle acque della Sprea, dove viene ritrovato un cadavere nelle acque della Sprea, di una donna in tutto simile, soprattutto per colore e taglio dei capelli, altezza, corporatura, colore della pelle, a Rosa, tutto tranne la faccia che è stata orribilmente strappata via con l’acido; lo conduce a cercarla nei dormitori femminili di Berlino, e infine in malfamati locali notturni. Rabbia, disprezzo e disperano insieme assalgono Sauer che, conoscendola, sa che non si fermerebbe di fronte a nulla per i propri ideali, sacrificando se stessa quando e come sia necessario per salvare delle vite.

Lui è diverso (è quello che li aveva divisi a Monaco). Non pavido, però. Tutt’altro. È continuamente in lotta con se stesso, fra la spinta e la determinazione che lo avevano mosso a Monaco e la stanchezza, la sfiducia, la tentazione a rassegnarsi calandosi la maschera dell’idea che un singolo non possa cambiare gli eventi della storia. Sauer incarna perfettamente il popolo tedesco di quel momento, consapevole della minaccia di qualcosa di grande, di terribile, ma forse già troppo avanzato perché possa essere arrestato. Perché è ormai indubbio che c’è un complotto nazista ordito per sovvertire lo stato attuale di scarsa popolarità del candidato premier. La vittoria di Hitler alle imminenti elezioni non è per nulla certa, l’idea è quella di rovesciare quella diffidenza sui rivali, sui comunisti con attentati che andassero a colpire l’anima del popolo tedesco fino al simbolo della libertà e democrazia conquistate: il Reichstag, il Parlamento.

Un colpo di scena dopo l’altro, giocati sulle improvvise sparizioni di qualcuno che può essere stato ucciso o anche, al contrario, covare nell’ombra un attentato. Il tradimento è il fil rouge dell’intreccio: sempre nell’aria, sempre incombente, passa come un volo d’aquila oscuro su tutti i personaggi, tenendo avvinto il protagonista, e il lettore con lui, da un’ansia insostenibile, in un’elettrizzante alternarsi di illusioni, sospetti, conferme e rovesciamenti: “Le poche certezze che stringeva all’inizio erano state voltate e rivoltate ancora e ancora, svuotando la sua logica di ogni vera presa sulle cose, lasciandolo in balia del puro istinto, a sua volta inaffidabile”.

Una Berlino in bianco e nero, dove i colori non si percepiscono, cancellati dall’aura di terrore che aleggia nelle strade, nelle osterie, negli alberghi. Il comunismo si nasconde, la polizia nazista è ferrea nelle ricerche, spietata nelle punizioni. E ovunque serpeggia un clima di diffidenza, incertezza, paura. Perché si sa benissimo che i nazisti sono “il lato oscuro della forza”, sono la coscienza nera della Germania in quel momento e non si fermeranno di fronte a nulla.