Cefalonia: io c’ero, di Orazio Pavignani (Tralerighe)

Cefalonia: io c’ero, di Orazio Pavignani (Tralerighe)

I libri spesso nascono per raccontare storie di fantasia. Questo no, non è un romanzo, però contiene storie di vita vera che sembrano scampoli di romanzi.  Lo scrittore Orazio Pavignani  le ha trascritte facendo seguito alla sua prima pubblicazione, Inseguendo mio padre: cronaca di una ricerca. La divisione Acqui, 2016. In questo secondo libro, CEFALONIA: IO C’ERO Storie di soldati della divisione Acqui trucidata a Cefalonia e Corfù dopo l’8 settembre 1943 mette insieme un mosaico di cronache  di reduci degli episodi bellici avvenuti a Cefalonia e Corfù in cui si evidenziano  le stesse radici della prima esperienza letteraria. Le testimonianze sono state  raccolte dall’autore che attualmente nell’ Associazione nazionale Divisione Acqui ricopre il ruolo di Presidente della sezione interprovinciale di Bologna, Modena e Ferrara  ed è consigliere della Giunta Esecutiva Nazionale. A lui si deve anche la mostra storico fotografica La scelta della Divisione Acqui a Cefalonia e Corfù nel settembre 1943 che ha già avuto ben 80 esposizioni.

Il libro risulta composto dal materiale raccolto e trascritto con attenzione alla forma e ai contenuti, questi ultimi resi densi dalle testimonianze di  dodici reduci, per lo più di Bologna e provincia, le cui biografie sono corredate da documenti, fotografie e dati, tutte fonti preziose e inconfutabili che ricostruiscono frammenti di quel passato. I veterani incontrati dallo scrittore erano tutti ragazzi quando durante la fine della seconda guerra mondiale si trovarono a vivere da protagonisti, nelle isole di Corfù e Cefalonia, le giornate successive al funesto armistizio dell’8 settembre dopo il quale cercarono di resistere e sfuggire alle rappresaglie dei soldati tedeschi. Le pagine raccolgono quindi i ricordi di questi militari italiani sopravvissuti allo sterminio che dal 15 al 26 settembre imperversò in quei territori. Intervistati dall’autore e stimolati affinché parlassero della loro giovinezza mancata e disperata, i reduci hanno ricostruito con esposizioni dettagliate i fatti, partendo dalla pacifica occupazione di quei territori greci per poi arrivano a richiamare alla memoria  le tante e tremende ore vissute durante i giorni delle stragi. Ne esce un quadro dalle tinte forti perché al blu del mare e al bianco delle case greche si mescolano il grigio delle ore drammatiche e il nero della presenza quotidiana della morte, il tutto visto e vissuto in prima persona.

Orazio Pavignani è  una sorta di scrittore per caso, come  rivelano  i suoi libri  nati dalla necessità di scoprire, approfondire e ricostruire  quanto avvenne a Cefalonia dove suo padre Marino aveva combattuto in gioventù, ma di quel tempo della sua giovinezza non aveva mai voluto parlare. Questo accomuna il signor Marino a tanti altri veterani di guerra assai restii al ricordo. Del resto il verbo ricordare che ci giunge dal latino re-cordare, significa “mettere, rimettere nel cuore”, un’azione troppo penosa per chi non vuole più rivivere l’angoscia di giorni dolorosi.  Rimetterli nel cuore vorrebbe dire riprendere a soffrire. Infatti le singole storie degli ormai anziani reduci, sotto la penna dell’autore restituiscono  la fatica di giornate vissute tra miserie e digiuni, grandi paure e minime speranze, tra scontri con i tedeschi, i rastrellamenti e le continue fucilazioni.

A Cefalonia nel 1943 erano di stanza 12.500 soldati italiani e 2000 tedeschi ma dopo il 13 settembre, data la posizione strategica dell’isola, i tedeschi potenziarono le  forze per annientare le truppe italiane lì presenti. La fatidica data dell’8 settembre aveva portato una totale confusione nei vertici politici e militari italiani per cui i soldati furono completamente abbandonati a se stessi  e messi in condizione di non sapere cosa fosse giusto fare. Stare con i tedeschi? Consegnare loro le armi? Difendersi e resistere? Dall’alto comando militare della Divisone Acqui, nella figura del generale Antonio Gandin, venne indetto una sorta di referendum in cui emerse un unica volontà: resistere: “…perché le armi personali leggere non si cedono, perché ne va di mezzo l’onore dell’esercito italiano.” come ribadisce uno dei reduci. Così, mentre gli sbarchi di truppe tedesche si moltiplicavano e i tremendi Stukas bombardavano le isole in ogni anfratto provocando morti su morti, i militari italiani scelsero di resistere e difendersi come potevano, pur essendo sprovvisti di proiettili e viveri. Ma si ha ben poca memoria di tutto ciò, del loro sacrifico. A tal proposito Pavignani tiene a sottolineare: “…si è parlato tanto della resistenza in Italia , dei misfatti nazisti, ma, dopo l’8 settembre la prima vera reazione ai tedeschi  fu fatta nelle isole di Cefalonia e Corfù dai soldati di quel Re che li aveva abbandonati.”. Oltre ai fatti sulle singole esperienze vissute, l’autore coglie nelle parole dei sopravvissuti le poche emozioni positive e le tantissime negative restituendo al lettore la possibilità di inquadrare e comprendere i fatti in cui più volte si rivendica la partecipazione di questi militari italiani alla resistenza, a una eroica forma di resistenza. Leggendo il libro si scopre come la resa incondizionata fu seguita da massacri che decimarono i prigionieri,  si apprende che molti sopravvissuti vennero deportati in campi di concentramento e si svela il perché del silenzio su questi fatti da parte del governo italiano che in seguito non si adoperò per indagare sul massacro di Cefalonia dove non era avvenuta un’operazione di guerra ma una vera e propria strage eseguita per rappresaglia. Si indaga sul chi e sui procedimenti giudiziari relativi a questo eccidio che vennero ostacolati, se non addirittura impediti, e sul perchè passò nell’oblio quanto accaduto. Un reduce sottolinea che: “I massacri in quelle isole furono perpetrati  dalla Wehrmacht e non dalle SS e questo particolare ha fatto sì che tutto fosse insabbiato.”  Alcuni decenni dopo, dal carteggio tra alcuni ministri emerse il motivo per cui il governo italiano non aveva portato avanti i processi contro i trenta ufficiali tedeschi individuati come presunti responsabili dell’eccidio di Cefalonia: in clima di guerra fredda a prevalere fu la ragion di stato che li ritenne inopportuni e così la prima, tragica strage nazista venne insabbiata e archiviata sia in Italia che in Germania. Di qui l’oblio, la rimozione storica e politica di quanto avvenuto a Cefalonia. La rabbia che pervade l’animo dello scrittore passa in quello  del lettore, di chi scopre la grande ingiustizia di questa resistenza negata. La sintesi umana del lavoro di ricerca di Orazio Pavignani sta dentro una sua considerazione finale che emerge dalle numerose conversazioni con i reduci: “Questo grande capitale di parole condite con lacrime di commozione, pieno di sofferenza, portatore di indimenticabili ricordi, molte volte sfociati in incubi notturni, è uscito dalle loro menti e forse gli ha dato un po’ di sollievo, alleggerito quel peso che si sono portati dentro tutta la vita e anche nel loro ultimo viaggio.” A noi lettori restano impresse le lucide testimonianze nelle quali si coglie la presenza di valori emersi nelle  tragiche giornate vissute: l’orgoglio e il senso della patria, del dovere e del sacrificio e poi l’altruismo,  l’attenzione all’onestà e al rispetto dell’altro più una grande sensibilità sottesa al coraggio individuale. Ne emerge  un’etica di vita che accomuna questi ragazzi i quali,  partiti nel pieno della loro gioventù, si trovarono mandati allo sbaraglio e catapultati in un pezzo di vita avvelenato dalla guerra di cui faticano a parlare ma che è giusto conoscere, per non dimenticare.