Il gusto puffo, di Gene Gnocchi (Solferino)
La comicità che Gene Gnocchi sa esprimere non è scontata: è intelligente ed eclettica, spazia dall’ironia allo humor fino alla satira dissacrante. Ma il fil rouge su cui scorre è sempre quello della sensibilità all’uomo, per la consapevolezza della sua profonda debolezza, delle sue invincibili contraddizioni, degli impulsi trascinanti, del tallone d’achille ineluttabile, quello della disillusione.
L’autore propone una serie di scene tutte diverse tra loro, con le quali vuole richiamare l’attenzione del lettore sull’imprescindibile elemento tragicomico della vita. Ci dice che si può e si deve scherzare, non solo per sdrammatizzare, ma anche, all’opposto, per poi non sdrammatizzare quello che va osservato seriamente.
L’ultimo racconto, Un caso scottante per il commissario Prugna, in questo senso, è emblematico: la comicità è soffusissima, trapela qua e là ma è la grande tragedia della vita che prevale e la schiaccia. I racconti precedenti però ci hanno insegnato a guardarla, questa vita a volte benevola altre volte spietata.
Come il primo racconto, Contro tutti i cantanti spagnoli, che attraverso la risata per le nostre estati all’insegna di canzoni spagnoleggianti che inneggiavano al carpe diem, ci fa riflettere proprio sul rovescio della medaglia di quel celeberrino e di conseguenza abusato detto latino: siamo di passaggio, ci proviamo, “a vivere e a morire tutti i giorni”, ma indiscutibilmente, siamo di passaggio.
Quasi tutti i racconti sono incorniciati da un inizio e una fine riflessive, in forma di massima filosofale che sviluppano in una trama prettamente umoristica, ironica o paradossale. Sono tutti in prima persona, e la persona è l’autore stesso, col suo nome, per mettersi al pari dei suoi protagonisti, per comunicare al lettore un’empatia immediata, la rassicurazione di far parte di quell’umanità su cui cerca di sorridere e far ridere. Tenendo un registro a metà tra il serio e il faceto, spesso lascia ci lasca in una sorta di confine tra il crederci e il non crederci, tra il ridere e il riflettere. Ed allora viene da godersi la parodia con giocosità, senza però dimenticare l’aspetto severo-realista che la sottende. Tipico di questa tragicomicità è proprio il racconto che dà il titolo al libro, Il gusto puffo: l’intima contraddizione emotiva è espressa nelle primissime parole “Il funerale di Guglielmo Giglioli, l’inventore del gusto puffo…”. Poi l’ironia comincia a zampillare nella scarsa considerazione dei suoi familiari, i primi a non sopportare quel gusto, nei dubbi-speranze che con lui se ne andasse anche il segreto di quel colore e nei timidi tentativi di qualche gelataio di riprovare a proporlo, forse non con la stessa convinzione e quindi assolutamente senza il successo del suo suo inventore. Il finale però è terribile e stupendo, profondamente umano e sincero nel calarsi consapevole e sconfortato nella palude di inutili attese e frustranti disillusioni nelle quali ci arrabattiamo quotidianamente “oggi che non abbiamo più niente da fare, se non aspettare la fine di questo abisso senza fondo che ogni giorno finge di sorprenderci. Piccole domande che sembrano grandi e grandi domande che non lo sono mai state (…) Uguale a tutte le volte che ci siamo preparati per essere colpiti da un qualche asteroide aspettando la fine di tutto e, invece, solamente sfiorati e, per l’ennesima volta, costretti a cercare quello che non esiste e che non troveremo mai”.
Con questa raccolta, Gene Gnocchi, ci offre un contributo sano e sincero alla resilienza nella vita, l’arma potente della risata, anche se sa che, “di questi tempi grami, la felicità di si divide in tante piccolissime felicità che, anche sommate,non la restituiscono ripiena come deve essere”.