Seconda pelle, di Giampietro Stocco (Delos Digital)

Seconda pelle, di Giampietro Stocco (Delos Digital)

Terzo episodio di una possente e potente trilogia ucronica (iniziata con Nero Italiano, seguita da Dea del Caos), Seconda Pelle sembra spostarsi su di un livello profondamente distopico.

Con Nero Italiano l’autore aveva ipotizzato una variazione nell’assetto politico negli anni subito precedenti lo scoppio della II guerra mondiale: Mussolini sorprendentemente decide per la neutralità non affiancandosi ad Hitler dopo la svolta delle leggi razziali del ’33. Tuttavia, con l’avanzare della guerra sembra propendere per un’entrata a fianco del precedente alleato quando muore improvvisamente d’infarto. A capo del partito fascista, con il mantenimento della monarchia, viene eletto Galeazzo Ciano. Sotto di lui, per un paio di decenni, le cose rimangono abbastanza stazionarie. Si arriva agli anni ’70 quando in seno al partito si fa rapidamente strada Maria De Carli: giovane, bella, intelligente, ambiziosa e spietata. Intrisa di mistica del fascismo assorbita da Mussolini e ancor più da Hitler, simulacro idolatrato, non si fa scrupolo di far fuori tutti i suoi avversari, coercizzare stampa e opinione pubblica, sedurre rappresentanti dell’opposizione e perfino il re Umberto II per perseguire i propri subdoli, oscuri propositi. La sua fisionomia alta, snella, caratterizzata da gambe lunghe e sinuose, un caschetto corvino e due gelidi occhi grigi, diventa un’icona del Terrore.

Nel secondo libro, dall’eloquente titolo Dea del caos, emerge la figura di Marco Diletti, giornalista indipendente per natura ma che, attirato nell’invisibile rete del plagio di Maria De Carli, sempre più compresa nella sua devastante e delirante passione nazifascista, si ritrova invischiato, dal fascino di lei, in un complesso, irreale, drammatico rapporto.

In questo terzo libro, che esce dopo un lasso di tempo molto lungo e che è stilisticamente molto diverso dai due precedenti, siamo in un immediato futuro, appena reduce dalla pandemia del 2020, dove il fascismo è ancora al potere senza però la guida della fatale dea del caos. L’Italia è dominata da un regime totalitario controllato da IA, intelligenze artificiali che illudono di offrire felicità e sicurezza con il controllo capillare della società e dei singoli. Questo in particolare viene esercitato dalle IA domestiche che fanno capo ad un cloud definito come “luogo-non luogo”, un “Wahalla digitale”,  ma soprattutto da innumerevoli e onnipresenti droni che incombono per riconoscere e denunciare deviazioni dal sistema, di comportamento e, ancor prima, di pensiero.

Mentre nei primi due libri l’autore aveva fatto muovere i propri personaggi in funzione dell’ucronia, in questo terzo libro, sembra – come ha scritto lui stesso in un post – che i personaggi abbiano preso in mano la penna, librandosi nella trama, diventandone padroni e gestori: “Ci sono idee che diventano personaggi e personaggi che diventano idee. Si impossessano di chi li ha creati e raccontano di se’. E la stessa storia cambia, si sgretola, rinasce. In una Seconda Pelle”. Non c’è più uno sfondo internazionale e quasi nemmeno nazionale. Ci sono solamente loro. E a conferma di questa indipendenza dei singoli protagonisti, ciascuno di loro entra in scena come narratore in prima persona. La trama viene così portata avanti per una buona metà da due soli personaggi: sulla scena all’apertura del sipario del libro, c’è Bianca Diletti, figlia di Marco Diletti, il giornalista plagiato inizialmente dalla De Carli (che sappiamo essere morta ma non come né quando)  e di una certa Aurora Forte che in realtà era il vero nome di Maria De Carli. Altrettanto sinuosa e attraente, Bianca si presenta fin dalla prima pagina, in uno sfondo bianco lattiginoso, bellissima e fatiscente: “La storia è tutta nei fatti. La difficile infanzia, fin da subito. L’essere donna in un momento così drammatico. Mentre la Storia, quella vera, fa da quinta alla tua crescita. Al tuo diventare persona”. Abbandonata ad un languido stato depressivo e di alcolismo, ne viene periodicamente scossa da una forma di rara ed inspiegabile epilessia che le causa crisi violentissime. La seconda voce è quella del suo vicino di casa, dell’appartamento di sotto, Gianluca Loddi, giornalista spiantato, pigro, indeciso, inconcludente. Tra i due sboccia un’attrazione molto forte, ma impari. Bianca potrebbe essere molto più determinata di Gianluca, ma ancora non sa o non vuole esserlo; questi ha dalla sua chi sa bene invece di poter approfittare dell’incertezza della ragazza. Ed è solo l’inizio di un abuso impietoso della sua vita. Qualcuno o qualcosa, approfitta della sua prostrazione per usarla. Usarla in modo che non si sarebbe mai pensato possibile. Quello del condizionamento. In lei si fa strada quella che inizialmente chiama vocina, per non voler ancora riconoscere il cupo istinto che in quella voce si nasconde. È di nuovo lei, Maria De Carli, che nella potenza della sua passione fanatica, riesce ancora ad agire sull’animo sfaldato e solo della figlia: “La fede ideologica a certi livelli è come il fervore religioso: una spinta quasi fisica. Chi lo prova sente questa cascata di calore fluire attraverso il corpo, verso l’oggetto dell’attenzione. Chi ne sperimenta l’impatto non può che cedere alla sua forza. Perché la verità illumina. E se non illumina brucia”.

Chi ha detto che i colpi di scena siano necessariamente episodi improvvisi e fulminei? Giampietro Stocco costruisce un colpo di scena dilatato ma per questo non meno efficace, anzi. Quella vocina che s’insinua beffarda nella psiche ferita di Bianca, si svela a poco a poco in un crescendo di panico per il senso di un male insopprimibile. E Bianca cede. Cede all’immane personalità della madre che ancora, attraverso il tempo e i confini di vita e morte, l’assale e la conquista. Bianca cede e antiteticamente rinasce: si veste elegante, si trucca e getta la sua rete: “Sono di nuovo in contatto con il mio io più vero, quello nascosto nelle profondità della mia disciplina. Della mia formazione. La voce torna a essere il familiare e sereno sussurro del Dovere. È bello sapere ciò che si deve fare”.

Bianca è simbolo di un mondo che si è lasciato condizionare da una visione folle e micidiale, irresistibile proprio perché taleE Maria De Carli è simbolo di quella visione che ha portato ai regimi totalitari: “Se una totalità di individui, che per comodità chiameremo nazione, si riconosce senza esitare in uno scopo, chi potrà impedirle di conseguirlo? La sintesi, la sinergia di volontà e sforzo combinati porterà senza dubbio quel soggetto collettivo verso la realizazione del suo scopo. E ottenere quello scopo sarà la più alta e nobile forma di felicità per chi lo consegue. Ciascun individuo, ciascun piccolo ingranaggio, sarà felice di concorrere al prodotto complessivo. Al Fine”.

È la distopia figlia di un’ucronia che aveva permesso il sopravvivere di un regime o meglio di un’ideologia fanatica assolutamente autoritaria. E quel tipo di ideologia non lasciava spazio a soluzioni alternative, anche prendendo altre strade storiche. Chi l’aveva fatta talmente sua da impersonarvisi, in essa ha trovato un veicolo di immortalità con il quale attraversare la Storia.