Il Liceo, di Alessandro Berselli (Elliot)

Il Liceo, di Alessandro Berselli (Elliot)

I temi trattati in altri romanzi – il disagio giovanile ne Le siamesila crisi dell’etica di fronte all’interesse personale ne La dottrina del male – ritornano qui assemblati in un romanzo che cattura dalla prima all’ultima pagina grazie anche al registro narrativo utilizzato dall’autore, fortemente ironico, quasi umoristico. Se gli eventi portano avanti il lato drammatico della storia, come nella commedia classica ad alcuni personaggi è affidato l’alleggerimento dei toni. E qui non sono figure di contorno a giocare questo ruolo di decongestione emotiva, ma gli stessi protagonisti.

Lorenzo Padovani, docente di Storia e Filosofia, ha vinto una cattedra nella prestigiosa e costosa scuola superiore privata di Milano, il Liceo Modigliani dove le pretese di qualità sono altissime sia per gli studenti che per gli insegnanti. Insieme a lui entra anche Milena Gamberini per Matematica e Fisica. Fra i due si crea subito una sintonia fatta di battute, punzecchiature ironiche con le quali sembrano saggiarsi reciprocamente nella possibilità di trovare gli incastri giusti.

Accanto a Lorenzo, la famiglia: un cerchio di affetti, stima, cultura e sicurezza economica costituito dai genitori e dalla sorella Virginia, psicologa, con la quale ha un bellissimo rapporto di vera amicizia coltivata con un dialogo finemente spiritoso come quello che ha instaurato con Milena: “Il senso di complicità e condivisione perfetta che riusciamo ad instaurare con un’infinitesimale percentuale di persone non è qualcosa di scontato. Va trattato come merce rara e maneggiato con cura (…). Alle relazioni umane non serve molto per essere perfette. A volte basta ridere delle stesse cose”. Due donne brillanti e intelligenti che rappresenteranno l’ago della bilancia dei valori nel momento in cui sui due piatti caleranno una verità scomoda ed una simulazione di convenienza.

L’evento drammatico che pone Lorenzo e Milena di fronte al monolite della scelta fra interesse ed etica è la morte di Anastasjia Smirnov, una studenessa russa dell’utlimo anno, chiusa, scontrosa, ambigua, malvista dalla maggioranza degli studenti. Se all’inizio Lorenzo al quale, in un tema di filosofia, aveva confidato le proprie inquietudini, pensa a pregiudizi di razza e cultura, a poco a poco, si profilano altre interpretazioni.

L’evento, che tutti, tranne Milena, sembrano accogliere senza alcun impatto emozionale, rappresenta, peraltro, un affronto insostenibile per una scuola dove la dignità di facciata conta molto di più di quella autentica. E a quel punto, scattano le reazioni: il collegio docenti fa muro intorno al preside Minelli, per sostenere la versione del suicidio di una ragazza che, non solo non aveva saputo integrarsi, ma si comportava in modo provocatorio e spudorato.

Ma mentre Milena non ha alcun tentennamento nella posizione da sostenere, fosse pure contro tutto il resto del corpo docenti, Lorenzo temporeggia. La cattedra del Modigliani rappresenta per lui un ineguagliabile traguardo di carriera. La speranza che ci possa davvero essere una spiegazione risolutiva che possa spiegare la morte di Anastasjia senza compromettere il buon nome della scuola,  diventa tentazione e indugio e provoca l’allontanamento di Milena: “Mi ha stancato la tua diplomazia. Non ti schieri mai da nessuna parte, stai sempre in mezzo a fare il cerchiobottista. Non puoi essere amico di tutti. A volte nella vita bisogna prendere posizione”.

Virginia resta al suo fianco, ma senza approvarlo e Lorenzo dovrà rispondere di questa sua incertezza attraverso un percorso di maturazione che sembra affiancarlo ai suoi stessi studenti: “Non sono mai rimasto lì a guardare le cose passarmi vicino” aveva scritto di sè sul suo Mac in un documento intitolato life notes, “una specie di lungo flusso di coscienza che ogni tanto aggiorno come diario di bordo del mio vagabondaggio su questa Terra”. La morte di Anastasjia interrompe quel flusso tranquillo e sicuro, lo scuote, lo chiama ad una presa di posizione più netta di quanto abbia mai fatto.

In questo romanzo, Berselli sceglie di non spingersi oltre i confini di una sorta di prevedibilità del male. Rimane al di qual dell’esagerazione da thriller, senza perdere di vista il suo obiettivo tematico, il monito a non assoggettare l’immenso valore della cultura, a biechi interessi di immagine e potere.