Le assaggiatrici, di Rosella Postorino (Feltrinelli)

Le assaggiatrici, di Rosella Postorino (Feltrinelli)

“Non c’è un posto dove si sia così abissalmente taciuto come nelle famiglie tedesche. Dopo la fine della guerra non avrei potuto svelare che avevo lavorato per Hitler: ne avrei pagato le conseguenze, forse non sarei sopravvissuta.”

Nel 2014, Postorino legge su un giornale italiano il racconto di una donna di novantasei anni che rivela per la prima volta di aver lavorato per Hitler da giovane, nonostante non fosse nazista. Fino allora, Margot Wölk aveva tenuto nascosto il ruolo marginale, ma di vitale importanza per il Führer, che aveva svolto durante la guerra: era una delle giovani donne reclutate dalle SS per assaggiare i pasti di Hitler in uno dei suoi quartieri generali, vere e proprie cavie umane. Vorrebbe intervistarla, per approfondire la conoscenza di questo inedito frammento di storia, ma non fa in tempo. Decide quindi di scrivere la sua storia in un romanzo. Margot Wölk diventa così Rosa Sauer, la protagonista de Le assaggiatrici, che racconta in prima persona la sua particolarissima vicenda.

Rosa ha ventisei anni quando, nel 1943, fugge da Berlino per vivere nel villaggio dei suoceri, in attesa che il marito Gregor ritorni dalla guerra. Purtroppo il villaggio è nelle vicinanze della Tana del Lupo (Wolfsschanze), uno dei rifugi di Hitler. Per questo, quotidianamente, insieme ad altre compagne è costretta a rischiare la vita, tre volte al giorno, assaggiando i pasti del Führer, per verificare che non siano avvelenati. Nessuna lo incontra mai di persona ma la sua presenza incombe costante su di loro. Rosa e le altre ragazze, da un certo punto di vista, sono privilegiate. I loro familiari vivono negli stenti e lottano per non morire di fame, mentre loro possono sedersi a tavola tre volte al giorno e mangiare a sazietà. Nessuna soffre la fame, tutte sono consapevoli che ogni boccone può essere l’ultimo: alla fine di ogni pasto devono restare un’ora sotto osservazione e, in caso di avvelenamento, sanno che verrebbero lasciate sole a morire. Si dibattono fra lacerante senso di colpa e colpevole senso di sazietà, ma non possono esimersi dal tremendo compito, a un tempo vittime e collaboratrici di un dittatore che conta su di loro per avere salva la vita. Il cibo è la loro sopravvivenza e il loro terrore. “Il mio corpo aveva assorbito il cibo del Führer, il cibo del Führer mi circolava nel sangue. Hitler era salvo. Io avevo di nuovo fame”.
Nonostante la condivisione di questa tremenda trincea, i rapporti fra le ragazze non sono facili. Ognuna vive il proprio dramma, che Postorino descrive nei diversi stati d’animo. Rosa è la straniera, quella che viene da Berlino, ed è guardata con sospetto. La situazione peggiora con l’arrivo del nuovo supervisore della caserma in cui vengono serviti i pasti, il tenente Ziegler. Siamo nella primavera del ’44, la tensione cresce man mano aumenta la consapevolezza che la sorte della guerra è segnata, e la Germania è avviata alla sconfitta. 
“Le assaggiatrici” è un libro la cui storia si intreccia a quella con la S maiuscola, in un tempo in cui la società tedesca si trova a fare i conti con un rovesciamento di prospettive fino a poco prima impensabile. Fra i vari personaggi, che vivono sulla loro pelle il disfacimento del nazismo, si instaurano rapporti umani particolari, che vanno considerati nella violenza del contesto, in cui ognuno cerca i propri stratagemmi di sopravvivenza, per salvare il fisico e la coscienza.
La scrittura scorrevole del romanzo, vincitore del Premio Campiello 2018, coinvolge e trasporta all’interno della vicenda