L’ultima notte di Raul Gardini, di Gianluca Barbera (Chiarelettere)
Il libro di Barbera racconta in forma romanzata una vicenda italiana molto nota, piena di colpi di scena e, tuttora, di interrogativi. La morte di Gardini ha lasciato nel mistero la destinazione degli ipotetici centocinquanta miliardi della tangente Enimont e ha fatto comodo a tanti. Troppi secondo Barbera
E troppe appaiono anche le sfaccettature di Gardini: audace visionario proiettato nel futuro, o giocatore d’azzardo distruttore del gruppo di famiglia?
“Mio marito non è una persona che si possa riassumere in due parole. Non è stato facile essere la moglie di un uomo del genere. Diceva “torno tra un’ora” e ricompariva tre giorni dopo. (…) Aveva sedici anni, io quattordici, la prima volta che ci siamo parlati. Era bello, irradiava un’idea di forza. Le ragazze impazzivano per lui, per quel suo sguardo.”
Sono queste le parole con cui Idina Ferruzzi, vedova di Raul Gardini, presenta il marito a Marco Rocca, il giornalista d’inchiesta protagonista del romanzo, intenzionato a scrivere un libro sui Ferruzzi, la famiglia che negli anni ’80 in Italia era seconda solo agli Agnelli. E aggiunge: “È morto un grand’uomo, marito esemplare, padre affettuoso. Era una persona straordinaria. In anticipo sui tempi”.
Attingendo alla cronaca, in un continuo alternarsi fra presente e passato, Barbera non fa una ricostruzione storica, ma narra in modo avvincente i fatti che portano alla mattina del 23 luglio 1993, quando a Palazzo Belgioioso, a Milano, un domestico trova il cadavere di Raul Gardini disteso sul letto.
Il ritratto che emerge è quello di un personaggio sopra le righe, un comandante nato, per cui è impossibile assoggettarsi agli ordini di altri, anche quando si tratta del capostipite della famiglia, il suocero Serafino, a cui è legato da un rapporto di grande stima, grandi battaglie e grandi avventure.
Il romanzo inanella i successi di Gardini protagonista delle cronache. In un’epoca in cui ancora non si parla di economia circolare, produce il mater-bi, ricavato dal mais, inventando la “plastica biodegradabile” e dal mais vuole realizzare combustibili alternativi, la “benzina verde”. Sul Moro, con Paul Cayard, vince la Louis Vuitton Cup, primo equipaggio non anglofono e successivamente sfida gli americani nell’America’s Cup rasentando la vittoria. A Venezia acquista Ca’ Dario, il palazzo su cui grava una maledizione, quasi a dimostrare di essere più forte anche del fato.
Eppure, in apertura del romanzo, Idina Ferruzzi racconta a Marco Rocca di una vecchia maledizione: Il Signore non lascia senza punizione, facendo ricadere l’iniquità dei padri sui figli e sui figli dei figli, fino alla terza e quarta generazione. “Non sono mai riuscita a scoprire la verità. Nessuno ha mai saputo dirci se esiste veramente, né se ci sia un modo per liberarsene. Non so se è iniziata con mio zio e il suo coinvolgimento in quei fatti di sangue accaduti fra le due guerre…”.
L’antica maledizione sembra avverarsi. Inizia la parabola discendente, quella che porta alla esautorazione di Gardini dal gruppo e, infine, all’indagine che travolge tutta la politica italiana sulla “madre di tutte le tangenti”, centocinquanta miliardi da suddividersi fra i partiti per assicurarsi il controllo di Enimont. Nel suo racconto, Barbera incontra tanti protagonisti di Tangentopoli: Bettino Craxi, Gabriele Cagliari, Luigi Bisignani, Carlo Sama, Sergio Cusani. Fino ad arrivare al giudice Antonio Di Pietro, che quella mattina del 23 luglio 1993 avrebbe dovuto ascoltare Gardini in procura riguardo alla maxitangente Enimont.
“Se l’avessi fatto arrestare quella stessa notte sarebbe ancora qui con noi. È stato questo il mio errore” disse Antonio Di Pietro.“Detto così, suona strano. Se ne rende conto?” rispose Marco Rocca.“Perché? Io so solo che quella doveva essere una giornata decisiva per Mani Pulite. Purtroppo non è mai cominciata”.
Nonostante il rapido verdetto di suicidio, quella morte non è chiara. Lo scrittore non fornisce soluzioni ma avanza interrogativi, intrecciati alle vicende di Marco Rocca.
È stato suicidio? Forse, il Pirata, il Corsaro, il Tuffatore non poteva accettare l’onta del carcere.
È stata una congiura? Forse, la risposta alla domanda Cui prodest? è in famiglia.
Sono stati i servizi segreti deviati? Forse, la rivoltella che ha ucciso Gardini è stata armata dagli oscuri intrecci tra finanza e politica.
Ogni lettore potrà dare la sua risposta.