Il teatro della gente, di Cristiano Cremonini (Calamaro Edizioni)

Il teatro della gente, di Cristiano Cremonini (Calamaro Edizioni)

Il teatro della gente, ma anche lo scrittore della gente: Cristiano Cremonini, al suo terzo saggio di argomento storico-musicale improntato sull’opera lirica, si conferma, per passione innata, per studi giovanili, per professione, per sensibilità, un grande divulgatore: semplice, diretto, spiritoso, competentissimo. Cinque capitoli sono le macrotappe della storia: Il paese delle fenici, Storia di civiltà, Lo spettacolo scacciapensieri, L’uscita di scena di Gioachino, Peppino e Gioachino sotto le due torri. Anticipano la leggiadria con cui poi saranno trattati gli argomenti. Ancor più, i titoli dei paragrafi, sono studiati con fine ironia per incuriosire il lettore e dare un approccio discorsivo e disteso al racconto: Il teatro all’italiana? Qui lo nacque, modestamente è, ad esempio, la simpatica parodia di una delle più celebri frasi di Totò, che introduce il capitolo dedicato ai principali teatri bolognesi; Da Rossini alle…luci rosse parla del Teatro Contavalli che dopo aver ospitato opere di del grande compositore, divenne cinematografo a luci rosse; o ancora, I partiti del bel canto descrive le rivalità dei fan delle grandi voci del teatro, dai castrati alle dive soprano; L’uomo con la bacchetta non poteva che essere Angelo Mariani, il primo direttore d’orchestra.

Per fare un paragone in tema, si potrebbe dire che questo libro sta al saggio sulla storia del teatro bolognese come l’operetta sta all’opera: è un testo completo e documentato che ha tutte le prerogative del saggio  storico al quale l’autore ha voluto dare la fresca semplicità di un racconto in compagnia. Si legge con piacere, si ride, si impara, ci si stupisce, ci si immedesima in un mondo magico, quello della musica classica e lirica della nostra città. Scopriamo – o riscopriamo – l’una e l’altra in un tripudio di aneddoti, pettegolezzi, facezie,  citazioni. Nel generale tono ameno, emerge qua e là uno spunto di riflessione profonda, nella quale Cristiano esprime la grande sensibilità che lo caratterizza: “No, non è assolutamente vero che si stava meglio quando si stava peggio; sono tutte sciocchezze! (Per non usare altri termini). La storia della civiltà contadina del nostro paese, così incantevole e brutale ci ricorda che le nostre origini sono intrise di miseria e noi ne conserviamo ancora tutte le cicatrici. È esattamente in mezzo a questo splendido squallore che nasce l’immortale, verace poetica di Peppino Verdi, «Il più geniale dei contadini e il più contadino tra i geni»”.

Non solo saggio, però. Il teatro della gente è anche un romanzo biografico del Teatro Comunale di Bologna: ripercorre infatti la storia della nostra città dal ‘700 al ‘900, mostrandocela nella sua veste di centro culturale musicale oltrechè universitario. Pochi infatti sanno e scorpriranno dalle scorrevoli pagine di questo libro, che Bologna fra il ‘600 e il ‘700 aveva oltre 60 sale tra grandi e piccole alle quali andavano aggiunte anche quelle di ville e conventi delle campagne circostanti. Il più importante era il Teatro della Sala che si trovava nel Palazzo del Podestà e che bruciò nel 1623. Il fuoco non ha distrutto solo la Fenice di Venezia nel 1966, che ricordiamo bene. Il fuoco è sempre stato un nemico dei teatri costruiti per lo più in legno e arredati con tessuti. In sua sostituzione prese piede il Teatro dei Malvezzi, il preferito dalla nobiltà, che si trovava in via Belmeloro ma che conobbe la stessa sorte nel 1745. Poco conosciuto è il Teatro Marsigli-Rossi (che l’autore ci descrive sulla base di pregevoli chine acquarellate del pittore Antonio Basoli) che, dai pochi palchi che potevano accogliere solo 39 persone, fu ampliato con una nuova sala, tre ordini di palchi, un loggione ed una “bottega ad uso di Caffè”. Nel 1801 ospitò addirittura Nicolò Paganini, diciannovenne, per due concerti benefici. Ma contestato nel 1820 da un’ispezione comunale, dovette chiudere e andò rapidamente in rovina. Il Teatro del Corso, in via S.Stefano, fu inaugurato nel 1805 in tempo per la visita ufficiale di Napoleone ed ospitò rappresentazioni per l’epoca molto importanti. Anche questo è stato distrutto, nel ’44, sotto i bombardamenti. Da progetti presentati un po’ da “diversi cavalieri e cittadini” per la ricostruzione di un teatro bolognese importante dopo la perdita di quello del Podestà, prende avvio la storia del Teatro Comunale che, scrive l’autore, “nacque come primo teatro di una città senza corte; teatro pubblico, della gente, testimonianza di una società civile”, riprendendo le parole di Carlo Maria Badini, Sovrintendente del Teatro Comunale dal 1964 al 1977, “il suo atto di nascita è rogato dal un provvedimento del Senato bolognese, l’organo amministrativo che presiedeva in quei tempi alla vita cittadina. La natura, dunque, è fin dagli inizi quella di un servizio pubblico“.

Tante le citazioni recuperate dall’autore in lettere, diari, saggi, fonti scrupolosamente riportate nell’appendice bibliografica: un lavoro davvero minuzioso, condotto con curiosità e passione, e restituito al lettore con una prosa scorrevole, scherzosa, fascinosamente affabulatrice che schiude un mondo straordinario: “Consultando i volumi sul Comunale curati da Lamberto Trezzini, che racchiudono coscienziosamente il repertorio operistico di oltre 220 anni di attività, la prima cosa che balza agli occhi è la frequenza con cui titoli e soggetti praticamente identici sono stati riproposti nel corso dei decenni da autori diversi… titoli che invece noi, automaticamente colleghiamo al genio di un unico, grande artista (come se fossero nati con lui e per lui) perché lui li ha resi credibili, vivi, degni di sconfiggere il tempo. Sapere che altri in precedenza hanno trattato lo stesso soggetto ci sorprende, quasi ciò possa sminuire il talento del genio che veneriamo e il valore della sua opera. In realtà a dare forza ad una creazione non è solo l’originalità del soggetto in sé, ma il modo in cui questo viene sviluppato e sa suscitare in noi emozioni profonde e durature. Ogni epoca ha avuto i suoi eroi e i suoi miti… la storia ce lo dimostra costantemente”.