Vendeva anacardi, di Carlo Cavicchi (Minerva)
Se Carlo Cavicchi ha rappresentato un caposaldo nel mondo delle corse, pubblicando vari libri storico-biografici o romanzi a sfondo automobilistico, in questo ha voluto riservare al mondo della Formula 1 uno spazio minimo ma nevralgico: il circuito di Imola, alla vigilia del Gran Premio del 1985, è il luogo del ritrovamente del corpo di una giovane donna straniera, senza documenti, di cui nessuno segnala la scomparsa. Solo una persona la riconosce all’istante nonostante siano passati dieci anni dall’ultima volta che l’ha vista. E’ il protagonista, il Bislacco.
“Nel quartire lo indicavano tutti così, ma non era un soprannome: era un inquadramento. Alto, non troppo giovane e non troppo vecchio, vestiva strano. Indossava camicie colorate come se vivesse nei Caraibi, calzoni tagliati sotto il ginocchio, calzettoni a larghe righe e sandarli da frate. Di regola, a parte i mesi più freddi dove una felpa e un giaccone facevano il loro lavoro, così come degli stivaletti a protezione dei piedi. I capelli lunghi gli cadevano sulle spalle, baffi e barba alla Rasputin rendevano inquietante un viso che poteva anche essere bello. Serve dirlo? Quando era in giro non si vedeva che lui. Occupava la strada…”.
La donna priva di vita è Lauren Russell, alla quale era stato legato dieci anni prima da una relazione che aveva quasi dimenticato e che riemerge, all’improvviso, nella pietà dell’incomprensione di quella morte violenta, nei ricordi lucidi e commossi. Una relazione che capisce troppo tardi di aver rotto per leggerezza impedendo alla sua vita di proseguire sulla strada percorsa fino a quel momento. Perchè il Bislacco non era sempre stato il Bislacco. Era stato Raffaele Dalmasso, giovane talentuoso e brillante notato da un imprenditore americano che aveva pensato di impiegarne le capacità e la serietà professionale in un grosso affare in Africa, in Kenia: il commercio degli anacardi, al momento saldo monopolio dell’India che si avvaleva di manodopera a basso costo, sfruttando le categorie sociali più povere. L’impresa che Dalmasso era stato incaricato di avviare avrebbe impiegato una nuova macchina che permetteva di raccogliere e sgusciare gli anacardi automaticamente. Un affare di grandi proporzioni e inesorabili rischi.
E là, in Kenia, conosce Lauren che gli viene quasi consegnata su un piatto d’argento dal padre di lei, convinto che il giovane sarebbe stato il miglior partito possibile. Ma non era necessario. Tra i due l’amore sboccia in un attimo, pur nell’altalena di un rapporto elettrico per le personalità decise di entrambi.
Sarà Raffaele, involontariamente ma non del tutto, a determinare la separazione. Senza scenate, entrambi erano troppo razionali e sicuri di sè per aggirare o sfogare la delusione: “Quello che doveva essere un amore eterno finì come nei vecchi film americani, con la scritta The end che si materializza sullo sfondo ma senza la colonna sonora che invade la sala”.
Le loro vite si separarono e si persero completamente di vista. Fino a quel giorno in cui la rivide stesa sotto un pilone della tribuna di Imola. Da quel momento, il Bislacco non può più permettersi di restare tale. La drammaticità dell’incontro, il ricordo amaro di tutto ciò che aveva perso e di tutto quello che non aveva mai avuto a causa della sua superficialità, lo strappano all’apatia dell’esistenza nella quale si era ricostruito. Come se in qualche modo si sentisse responsabile di quella fine così indegna della bellezza e intelligenza di Lauren, decide di scoprire perchè è stata uccisa e da chi.
Una nuova metamorfosi gli restituisce l’aspetto, la determinazione, il raziocinio e l’abnegazione di Raffaelle Dalmasso cancellando quei dieci anni di letargo.
Torna in Kenia e cerca tutte le persone che possono in qualche modo dirgli cosa è stato di Lauren dopo che l’ha persa di vista. In questo secondo viaggio, l’autore sfrutta i personaggi che il protagonista incontra per rivelarci l’anima corrotta di un paese che, per la sopraffazione, in campo politico o economico, di individui potenti e senza scrupoli, dietro la facciata delle attrazioni turistiche nascondeva una natura sordida e depravata. Ma Raffaele sa che le informazioni più complete può averle sono da una persona: Jamila, la vecchia governante di Lauren che lo aveva in simpatia quando i due si frequentavano. Deve pagare ben salato ed aspettare parecchi giorni, ma la macchina sinuosa e segreta di uno di quegli stessi equivoci individui fa il suo dovere e gli fornisce l’indirizzo della donna. Jamila gli permette di ricostruire quel pezzo di vita di Lauren che gli mancava.
Il romanzo scorre leggero e avvincente, con una prosa a tratti ironica, a tratti languida, che si intenerisce sulla splendida figura di Franca, la domestica placida e discreta di Dalmasso,l’unica figura ammessa nella residenza del Bislacco, coinvolta in una sorta di attrazione per un uomo così diverso dal marito, per il riflesso di una vita così avventurosamente lontana dalla sua, per l’idea di qualcosa che avrebbe potuto essere in un’altra vita, con altre dinamiche accidentali dell’esistenza. Si intenerisce anche per l’amara figura di Consuelo, l’amica di Franca, così dissimile da lei e, proprio per questo, a lei così profondamente legata. Due anime agli antipodi, che sanno di aver fatto scelte di vita immodificabili, e che ogni tanto occhieggiano su quelle altre possibilità che non potranno mai sfiorare.
E’ un romanzo interessante per i temi che tratta: la fredda mancanza di scrupoli negli affari che svuota di ogni sentimento l’esitenza, la forza di personalità che sanno fare della propria vita quello che vogliono, che sanno condurre gli eventi, che sanno recuperare le fila che per caso o distrazione si sono lasciati sfuggire; e, accanto, la debolezza di chi quelle scelte non le ha sapute fare. Avrebbe forse potute, almeno in qualche momento, ma ha preferito rimanere sulla strada presa: “Le sole storie a lieto fine sono quelle che non iniziano mai”.