Africa, di Valerio Varesi (Graphe.it)

Africa, di Valerio Varesi (Graphe.it)

Inconfondibile anche nella forma del racconto lo stile di Varesi: sensibilmente forte, incisivo, capace di scolpirsi nell’anima del lettore per la percezione, al di là della trama, di una storia vera di ingiustizie, torti inflitti e subiti, vittime umili e dimenticate.

Qui, Africa non è il continente, non propriamente. Africa è il soprannome che il burbero capo Rebuschi ha affibbiato ad uno dei suoi giovani forse più per superficialità che per disprezzo: l’atteggiamento disinteressato e sciatto di una persona gretta che non si spreca a riconoscere l’identità di un uomo (e di tanti di cui il protagonista di questo racconto è l’emblema) relegandolo ad un limbo di individui accomunati dal paese di origine e, per lui, privi di qualsiasi altro segno distintivo.

Africa è in realtà Kerenisa, un giovane etiope sposato con un figlio, giunto clandestino per cercare un luogo in cui poter offrire un futuro migliore alla famiglia. Ha trovato un posto da camionista per una ditta di trasporti milanese. Ma quello che potrebbe essere un lavoro come un altro, per lui e per tanti altri Africa è l’unica possibilità che la vita ha riservato. Non c’è alcuna dignità, ma solo disperazione, e l’amara consapevolezza che non potrebbe fare altro, perchè un lavoro così, ormai, chi può lo evita. Lui non può. Non può permettersi di lasciarlo, cercare altro. Perchè qui, in Italia, non è Kerenisa, è solo Africa. Non è una persona. E’ solo parte di un tutto, tollerato per essere sfruttato.

Il racconto è un lungo monologo nel quale il giovane camionista, narratore in prima persona, srotola al lettore la sequenza di immagini in bianco e nero che formano la sua vita, immagini contrapposte di rassegnazione e sorda lotta interiore, di speranze e rinunce, di forza e debolezza, di sogni tentati e fredda realtà. E soprattutto, di stanchezza. Una stanchezza fisica e psicologica insieme che spezza le ossa, inibisce i pensieri, sostiene la quotidianità perchè è la sensazione più costante e avvolgente che Kerenisa e gli altri come lui conoscono, per una vita che non riescono a dirigere nel cuore della società in cui vivono: “quando tutta la stanchezza della notte ti sbatte in faccia il suo cloroformio”.