Il tempo del tuono, di Michele Rocchetta (Damster)
Tra storico, fantasy e young adult – dove per young adult s’intendono romanzi per ragazzi su temi importanti – Michele Rocchetta torna con una storia che usa la Storia in modo originale, com’è nel suo stile, poichè, lo sappiamo, è un maestro nella letteratura ucronica e distopica. Ed in questo caso mescola alla storia vera qualcosa di fantastico, ispirandosi a culture ataviche che qua e là sopravvivono nelle tradizioni locali.
Il tempo del tuono è ambientato sull’Appennino Tosco-Emiliano nella valle del Setta, dove nei prime mesi del ’44 Matteo, tredici anni, e Anna, quattordici, vengono sfollati insieme alle madri per iniziativa del nonno del ragazzo, l’avvocato Barbieri, benestante cittadino bolognese che si preoccupa delle uniche figure a lui vicine negli affetti.
Li affida ad una coppia che conosce bene, Aldo e Laura. L’affiatamento tra adulti e soprattutto tra i due montanari e i due ragazzi è immediato e si consolida nel passaggio di conoscenze adattative dai due montanari ai quattro cittadini che si ritrovano improvvisamente privati di tutte le comodità. Se Anna ha perso il pianoforte, oggetto principale dei suoi studi, Matteo ha dovuto abbandonare i suoi libri che rappresentavano tutto il suo mondo. Entrambi, però, trovano qualcosa di nuovo in quell’ambiente dove “nulla era lasciato al caso o era frutto di improvvisazione, ma ogni abitudine, ogni routine era la conseguenza di strategie pensate attraveso generazioni di montanari che avevano dovuto lottare per sopravvivere, massimizzando i risultati con il minimo degli sforzi”.
Fra i due ragazzi nasce in breve un’amicizia profonda e solida che non si trasformerà in altro sentimento, come ci si sarebbe aspettati (Rocchetta non ama ciò che è consolidato, proprio per questo va alla ricerca di alternative alle strade battute, siano pure quella della storia vera).
La vita sembra scorrere tranquilla, nonostante le privazioni, fino al giorno del grande tuono, un tuono a ciel sereno, che sentono Laura e Aldo e che richiama loro qualcosa di ineluttabile.
Il tempo del tuono è il tempo più grande del tempo, quello del dolore, della paura, della morte e della vita. Un tempo relativo agli uomini, ai loro sogni, alle loro speranze. Un tempo fuori dal tempo rappresentato da Bice, una creatura misteriosa che Matteo e Anna incontrano poco dopo quell’evento. Si presenta quasi come la strega di Hansel e Gretel: li invita nella sua casa nascosta nel bosco e introvabile senza la guida di lei o dei suoi fidi aiutanti, la volpe Morgana e la gazza Merlino; offre loro da mangiare cose semplici e buone; ma lascia trapelare un alone di mistero, di insondabilità: non sembra aver nessuna contezza della guerra che sta minando il mondo, sconcertando Matteo, come se fosse una creatura di un’altra dimensione: “Perché fissarsi su una cosa così volatile come il tempo? Non si vede e non si afferra. Quando lo impieghi ti scappa via da tutte le parti”.
Da quel momento, le figure materne sembrano sfumare nella storia, lasciando presagire che i ragazzi stanno crescendo e dovranno affrontare la vita da soli.
Anche perchè la guerra li sta raggiungendo. È di nuovo il tempo del tuono quando i tedeschi arretrando passano su quell’Appennino.
Lo stile, ancora più scorrevole del solito per il target di lettori per il quale la storia è stata pensata, è caldo e avvolgente, cattura con l’intreccio cupo della trama sfumata di irrealtà e folklore. Il bosco, i campi, gli animali, sono testimoni e vittime di un’aberrazione di cui l’uomo del XX secolo si è reso colpevole. Scavalcando il tempo e la portata dei suoi eventi, ci si potrebbe salvare, ma si resterebbe fuori da ogni contatto con i propri simili, da responsabilità e consapevolezza. Forse non è la cosa giusta da fare. Bice fa parte di una visione del passato che può travalicare il tempo come ispirazione al bene e al rispetto per la natura in tutto ciò che la compone, uomini, animali, vegetali.