Gli occhi della notte, di Marina Visentin (SEM)
All’interno del Parco delle Fate, nella periferia nord di Milano, viene ritrovato il corpo senza vita di Cinzia, una bambina di soli sette anni.
La Vice questore Giulia Ferro viene incaricata di indagare sul caso, trovando all’inizio la prima, più importante, difficoltà. Il parco non è la vera scena del delitto.
Esistono testimoni oculari? Le telecamere, poste ormai ovunque, avranno ripreso dettagli utili?
La poliziotta e il suo gruppo dovranno seguire tutte le piste, anche le più impensabili, all’interno e all’esterno della cerchia delle conoscenze della vittima: dall’ex marito di una delle maestre della piccola, un individuo abietto condannato già in precedenza per violenze domestiche e revenge porn, ad un giovane ragazzo dall’aria stravagante e un cappellino rosso avvistato più volte sulla scena del ritrovamento del cadavere, allo stesso padre di Cinzia, un uomo dal passato equivoco.
Saranno in grado Il duo Giulia Ferro/Alfio Russo, suo ispettore capo con il quale Giulia ha un rapporto “cane-gatto” fatto di differenze caratteriali ma anche di grande complicità, di non lasciare niente di intentato?
Il secondo episodio delle indagini di Giulia Ferro (il primo si chiama “Cuore di rabbia” sempre edito da Sem) racconta passo dopo passo le difficoltà di una indagine senza indizi.
La scrittrice Marina Visentin, giornalista, critica cinematografica, traduttrice, consulente editoriale e autrice di racconti gialli, noir e di filosofia, dimostra tutta la sua grande competenza e sana curiosità nella osservazione di casi complessi realmente accaduti che spesso rimangono insoluti o di difficile dimostrazione.
Un percorso che mette in luce anche le dinamiche tipiche di un gruppo di lavoro che potrebbero essere tranquillamente traslate in un ufficio di qualsiasi altro settore: invidie, insicurezze, desiderio di primeggiare e perfezionismo, ma anche spirito di squadra e tensione al raggiungimento dell’obiettivo.
Ma “Gli occhi della notte” è prima di tutto una indagine sulla famiglia, sia quella della vittima che quella della protagonista, perché, come ha detto proprio l’autrice in una recente intervista “tutti noi dobbiamo parte del nostro essere a come siamo cresciuti nelle nostre famiglie, nel bene e nel male”.