4 insolite trame, di Vio Cavrini (Paolo Emilio Persiani)
Vio Cavrini è uno scrittore che ha fatto della versatilità la sua particolarità stilistica: i suoi interessi spaziano tra informatica, viaggi e numeri con una poliedricità che approda a libri di vario tipo, spesso aperti a trame insolite come questo, che già il titolo sottolinea: 4 insolite trame. E’ una pubblicazione che l’editore Persiani presenta come Racconti d’arte e di fantasia. Si tratta di storie che partendo dal reale, pagina dopo pagina si stemperano nell’irreale, in quell’immaginario che accogliendo realtà e finzioni sa tenere il lettore incollato alle narrazioni nate da un’idea tanto singolare quanto originale. Lo scrittore si immerge in quattro quadri con una particolare suggestione che lo porta a entrare tra i personaggi disegnando una sorta di prospettiva favolosa e irreale.
C’è parecchio di Vio Cavrini in ogni “intruso” che si materializza nel contesto pittorico in cui si mette in scena un magico realismo dal sapore calviniano. Se la finzione è il cuore del libro, viene però da considerare che l’autore ha svolto un ampio lavoro di ricerche oggettive sui materiali pittorici proposti, seguite da introspezioni soggettive e quindi scoperte, sguardi e argomentazioni giungendo a situazioni tanto determinate da apparire plausibili.
Le quattro storie nascono da quattro indiscussi capolavori del panorama artistico d’ogni tempo, nate dai pennelli di Edward Hopper, Leonardo da Vinci, Francisco Goya ed Edvard Munch. Il primo dipinto è I nottambuli di Edward Hopper che rappresenta l’interno di un diner, probabilmente ispirato a un locale del Greenwich Village newyorchese. Dentro ci sono un barista, un avventore solitario e una coppia, tutti individui su cui cade una luce fredda incapace di illuminarli e tanto basta per dare all’atmosfera un grande senso di solitudine. Fuori la strada è deserta, all’interno si percepisce la mancanza di interazione tra gli avventori persi ciascuno nei propri pensieri. Cavrini inserisce all’interno del locale un quinto personaggio. E’ Ernest, il custode del museo Art Institute in cui è esposto il quadro, una persona che sarà magicamente capace di interagire con le figure presenti.
Il secondo racconto si incentra sull’Ultima cena di Leonardo da Vinci, un’ opera celebre in tutto il mondo. La conosce bene Eugenio Portonovo, Direttore dell’ultimo restauro del Cenacolo, il quale scorge un’ombra che si aggira intorno alla grande tavola. Conosce così Venanzio, un giovane concitato che gli dice di essere il tredicesimo apostolo rivendicando poi un posto nella tela e annotando caratteristiche e situazioni dell’affresco capaci di creare un contesto assolutamente credibile. Questo personaggio, ben costruito e verosimile, innesta in Eugenio dubbi e ipotetici scenari. Il racconto da qui si evolve verso una trama sempre più coinvolgente.
Nella terza narrazione c’è la giovane studiosa Carla venuta a conoscere da vicino i dipinti del Prado, il celebre museo spagnolo, sui quali sta completando la tesi. Nell’ultima sera del suo soggiorno, verso l’ora di chiusura, si imbatte in un giovane che corre tra le sale dicendole di chiamarsi Ramon e di essere inseguito dai soldati. La ragazza, disorientata da quello strano incontro, finisce per perdere la cognizione del tempo e rimane intrappolata all’interno del museo: “…E così ebbe inizio la notte più lunga della sua vita”. E’ la notte in cui riconosce in Ramon il personaggio di uno dei più celebri quadri esposti, 3 maggio 1808 di Francisco Goya, un’ incisiva rappresentazione della resistenza spagnola nei primi anni dell’800 durante la guerra d’indipendenza contro l’armata francese. Ramon è il patriota che emerge nel dipinto come interprete principale: la sua figura dalla camicia bianchissima, simbolo di purezza e innocenza, si staglia al centro della tela a braccia aperte, come fosse un Cristo in croce. Circondato da altri condannati a morte, ha di fronte a sé un plotone d’esecuzione con carnefici dalle sembianze sfigurate dall’odio. Terrore, paura, sconforto, panico, sgomento e pietà si fondono in questa scena di forte impatto emotivo e Carla comincia a rendersi conto di cosa sia successo al fuggiasco e di cosa potrebbe succedergli.
La quarta narrazione ha al centro il celeberrimo dipinto l’Urlo di Munch, con in primo piano il volto di un essere umano deformato da un’ angoscia e un tormento impressionanti che passano nell’animo di chi lo guarda. L’urlo che esce da questa figura esprime una disperazione assoluta che è il fattore di spicco del quadro, un’ansia accentuata dallo sfondo di un tramonto infuocato con linee ondulate inquietanti. Anche qui c’è un fuggitivo: è Adrien, proprio l’uomo che in quell’ urlo raccoglie e trasmette le sue paure che sono poi quelle di un dramma esistenziale in cui tutta l’umanità si riconosce. Ad arricchire la storia entrano poi in scena personaggi legati ad Adrien da un passato non troppo remoto che lo scrittore utilizza per costruire un intreccio sempre più avvincente.
All’interno del libro c’è un sottile pieghevole con le immagini delle quattro tele il che risulta utile e funzionale al lettore permettendogli un ripasso veloce del dipinto e stimolandone una più attenta osservazione. La lettura di questo libro è agevolata da una scrittura fluida, scorrevole e intensa che sa rendere emotivamente partecipe chi lo legge. Raccogliendone gli spunti, ogni lettore può poi provare a entrare dentro un dipinto, a interrogarlo, a viverlo. Si tratta di un notevole gioco di fantasia che ciascuno di noi, grazie a Vio Cavrini e alle sue 4 insolite trame, può provare a giocare.